“Klaatu barada nikto!”. Dopo avervi deliziato con una serie di classici horror, torniamo al genere fantascientifico con Ultimatum alla Terra, diretto nel 1951 da Robert Wise. Siamo all’alba dell’era atomica e della Guerra Fredda, e la paranoia inizia a strisciare nei cuori di tutti i cittadini del blocco ovest, americani in primis. Per questo, il produttore Julian Blaustein setacciò il mondo della narrativa sci-fi per trovare uno spunto ideale per trattare questi temi all’ordine del giorno in un film fantastico. La scelta cadde sul racconto breve “Farewell to the Master” di Harry Bates. Ma la sceneggiatura di Edmund H. North fece ben più che adattare semplicemente il testo.
La storia di Ultimatum alla Terra è incentrata sull’arrivo a Washington di un alieno, Klaatu (Michael Rennie), accompagnato dall’androide Gort. Klaatu è stato incaricato di riferire ai terrestri un messaggio importantissimo: una federazione di pianeti ha decretato che la Terra sarà spazzata via se gli umani non si daranno una regolata nella corsa alle armi atomiche. Nessuno lo ascolta, però, e Klaatu si rifugia da una famiglia per sfuggire all’esercito. Riuscirà a riferire il messaggio, ma il finale rimane aperto e ambiguo. L’unica cosa non ambigua è il paragone fra Klaatu e Cristo, fortemente voluto dallo sceneggiatore North, che intendeva usarlo a livello subliminale. Ma la resurrezione di Klaatu alla fine, e il fatto che, durante la sua fuga dall’ospedale in cui è detenuto all’inizio del film, ruba l’uniforme di un certo “Maggiore Carpenter” (in inglese “Falegname”), sono prove schiaccianti delle intenzioni di North. Al punto che Joseph Breen, censore della MPAA assegnato al film, obbligò Wise a inserire un dialogo per spiegare che la resurrezione di Klaatu era solo temporanea, e che il potere sulla vita e la morte spettava “all’Onnipotente Spirito”.
Per il resto, Ultimatum è uno dei più grandi classici della fantascienza anni Cinquanta, ed esprime con impareggiabile potenza un tema davvero scottante come la natura bellicosa degli uomini. Certo, il concetto di una federazione di pianeti disposta a cancellare dall’esistenza un intero mondo per il bene comine sa un po’ da guerra preventiva in stile americano, e come idea è un bel po’ invecchiata. Ma ciò non toglie che il messaggio finale arrivi come un pugno nello stomaco ancora oggi.
A seguire, l’arrivo di Klaatu a Washington. Pensate che al design della nave spaziale contribuì anche il famosissimo architetto Frank Lloyd Wright.