Sul fascismo si sono scritte, dette e fatte vedere migliaia di parole, racconti, metri di pellicola, eppure in quanto enorme fenomeno politico e di massa è sempre foriero di spunti interessanti di riflessione: prova ad approfittarne Marco Bechis, bravo regista italo-argentino di film come Garage Olimpo, che prosegue il suo discorso sulle dittature con Il sorriso del capo, un documentario di montaggio che mostra e spiega il modo in cui il regime di Mussolini creò il consenso.
Attraverso i filmati d’archivio messi a disposizione dell’Istituto Luce, il film illustra i vari modi attraverso cui il regime costruiva la propria propaganda, con in sottofondo i ricordi e le testimonianze del padre regista, giovane spensierato sotto il regime. Bechis più che un documentario in senso stretto realizza un film di montaggio, una sorta di Blob che analizza il modo in cui le dittature non usano solo violenze per diffondersi, ma soprattutto mezzi di comunicazione.
L’archivio dell’Istituto, che con Cinecittà produce il film, in questo senso è immenso e permette al regista di spaziare dai video didattici con cui si spiega il funzionamento del telefono ai filmati esplicativi sul funzionamento dei giornali: mezzi di massa che permisero al regime di uniformare e irregimentare (lo schermidore mancino costretto a usare la destra, vanificando un vantaggio, per non essere diverso dagli altri) un popolo, fargli vestire una divisa e allo stesso tempo distoglierlo dai pensieri e dai problemi del tempo. Volendo è una riflessione sulla politica tout-court, ma a Bechis non interessa il parallelo con l’oggi, si limita a scegliere i filmati più curiosi e interessanti per lo scopo, tra cui la geniale serie del Fesso di guerra, senza però creare una cornice, senza smontare il discorso semiologico, limitandosi alla scelta del materiale. Che è molto curioso, come il dietro le quinte di un discorso del Duce, e sicuramente più interessante delle parole che lo accompagnano, ma non basta per farne un saggio illuminante. Uscirà fra qualche settimana: lo andrete a vedere? Intanto continuate a seguirci su Screenweek, con le news dal Festival di Torino.