Una delle curiosità del concorso del festival di Roma 2011 è la presenza di molti esordienti, cosa rara in un festival internazionale: tra questi c’è Jaffe Zinn, regista americano che ha presentato Magic Valley, film indipendente che racconta – come spesso accade fuori dalle major – la provincia americana profonda raccontandone segreti, vizi e corruzione.
Ambientato nel paesino rurale di Buhl, Idaho, il film mette insieme le storie di vari personaggi, dal ragazzo tormentato, che si circonda di amici non proprio intelligentissimi, allo sceriffo annoiato, dall’allevatore che vede il suo laghetto pieno di pesci morti a causa diella deviazione del torrente fino a due ragazzini chegiocando, scoprono il cadavere di una ragazza. Tutte le storie giugneranno a incontrarsi. Un dramma vicino al thriller scritto dal regista che sembra, nei temi e nelle ispirazioni visive, la versione country del cinema di David Lynch e Gus Van Sant.
Aperto da un’immagine inquietante (un lago di pesci morti che su cui appare il titolo) che dà anche l’indizio di una sotterranea ironia, il film racconta il lontano west contemporaneo in cui, passata la gloria di pionieri e cowboy, in cui la morte striscia tanto nei corpi umani e animali quanto nelle morali corrotte, putrefatte dalla noia e da una mentalità fatta di violenza, nella quale fingere di soffocarsi è lo sballo più grande; Zinn sceglie un approccio narrativo distaccato e freddo, più che raccontare le indagini su un omicidio descrive le pulsioni dei personaggi, il retroterra che consente un atto di crudeltà, con fare più da entomologo che da mero regista.
Nonostante il distacco del tono, la sceneggiatura però cura e controlla la narrazione in modo notevole, senza preoccuparsi della suspense o di far aderire il racconto a uno schema preciso e Zinn ha un bell’occhio (esaltato dalla fotografia di Sean Kirby) nel controllare i personaggi, nel descriverne il quotidiano orrore, nel far sentire allo spettatore il disagio di un luogo e di uno stile di vita (triste e buffo al tempo stesso, lo sceriffo che racconta al vice gli episodi di Walker Texas Ranger). Supportano questa sensazione un gruppo di bravi attori, solitamente caratteristi, qui capaci di dare uno spessore umano e realistico che fa balenare quell’affetto che il film rifiuto. E anche in questo strano contrasto, sta il fascino del cinema.
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