Si era temuto per la sua salute, quando domenica era stato colto da malore all’Auditorium. Invece Pupi Avati sta bene e dopo il ricovero ha sfilato sul red carpet del Festival del Film di Roma per presentare Il cuore grande delle ragazze, il suo nuovo film selezionato in concorso (è il penultimo italiano in gara) che racconta con ironia la storia dei nonni del regista.
Protagonista è Carlino, figlio di una famiglia di mezzadri dedito al libertinaggio, che è costretto a mettere la testa a posto dai genitori: infatti, per tenersi la casa in affitto, Carlino deve sposare una delle due figlie del padrone. Ma poi conosce Francesca, la terza figlia illeggittima, e perde la testa scombinando i piani delle famiglie. Dopo l’Alzheimer di Una sconfinata giovinezza, Avati scrive e dirige una commedia romantica, tipico bozzetto d’epoca nel suo stile, che racconta come sono cambiati l’amore, la famiglia e i rapporti sociali dagli anni ’30 a oggi.
Aperto in modo fin troppo tradizionale dalla voce fuori campi che descrive piccoli sketch, il film racconta il matrimonio nella provincia emiliana durante il fascismo, descrivendo l’amore come una questione burocratica fatta di promesse, regali, “retribuzioni” (la moto Guzzi come miraggio) e accordi economici, coi protagonisti che sfidano le regole non scritte come nella migliore tradizione del romanzo popolare. Al melodramma o simili, Avati non ci si avvicina nemmeno e l’interesse del tutto è molto relativo ma essendo così fortemenete autobiografica la vicenda, il tutto è più personale e simpatico del solito (gustosi i duetti tra Gianni Cavina ed Manuela Morabito).
Con l’ultimo Avati, purtroppo, bisogna accontentarsi, prendere le non troppe cose buone che i suoi film ci offrono: così, preferiamo accontentarci dell’humour, della sincerità del tono, della fluidità del racconto, piuttosto che soffermarsi sul fatto che la sceneggiatura dica poco o che la regia soffre ormai di maniera terminale, senza dare più l’idea nemmeno di voler fare cinema. Si ride – e questo basta al pubblico che ha applaudito il film in sala -, Cesare Cremonini e Micaela Ramazzotti sono credibili e il cast di contorno è brillante. Piuttosto che niente – diceva Totò – meglio piuttosto.
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