Come dicevamo nella recensione del pilota la settimana scorsa, Terra Nova ci lasciava perplessi soprattutto a causa della troppa importanza data alla famiglia e alle trame “per ragazzi” piuttosto che all’avventura. Dopo sette giorni e un altro episodio, i dubbi e i difetti della serie si acuiscono e diventano evidenti facendo sorgere una domanda essenziale: perché si spendono 150 milioni di dollari se non si hanno idee sufficienti a riempire un episodio – figuriamoci 13 – in maniera decente?
Instinct vede la colonia alle prese con gli pterosauri, rettili volanti che stanno assalendo gli umani uccidendoli; nel frattempo Jim deve vedersela con Malcolm, un vecchio compagno della moglie che forse nasconde un secondo fine. Scritto da René Echevarrìa e Brannon Braga – teoricamente due sicurezze – e diretto da Jon Cassar, l’episodio dimostra una preoccupante carenza di trovate se dopo nemmeno tre episodi ci si trova a dover praticare un inutile remake degli Uccelli di Hitchcock stavolta in chiave sci-fi.
Aperto da un corso di sopravvivenza che potrebbe dare il la per curiose gag se non per un intreccio vero e proprio, la puntata si concentra invece come al solito su due linee, quella maschile – ossia azione e pericolo – e quella femminile della famiglia e dell’amore, anche adolescenziale: nessuna delle due sembra funzionare. L’invasione degli pterosauri oltre a rubare a piene mani dal capolavoro hitchcockiano (c’è persino la scena degli uccelli che si moltiplicano sul filo in attesa di attaccare) si risolve in poco meno di dieci minuti con la scoperta che la colonia è stata eretta sul precedente nido della specie (qualcuno ha detto Cimitero vivente di Stephen King?) e con la diffusione aerea di un ormone messo su tecnologicamente in 20 secondi, con quegli aggeggi impossibili in cui si muovono le mani nel vuoto, che fa migrare i rettili con le ali da un’altra parte. Poco riuscita, comunque meglio realizzata della sezione familiare: anche perché se credono di affascinare lo spettatore con la solita storia del vecchio amico di cui essere gelosi gli autori sono lontanissimi dall’obiettivo.
Specie perché la sceneggiatura pensa sia intrigante cospargere l’episodio di simbolismi sul maschio alfa, sulla sessualità, sul dominio del territorio, elementi che stanno in qualunque sitcom degli ultimi 20 anni; la regia pare metterci un po’ di mestiere in più, ma niente di appassionante o memorabile, con un velo pietoso sugli effetti speciali che non si sa se siano più finti quando sono digitali o quando si limitano a pupazzetti di gomma come quelli che si trovano sulle bancarelle. Una brutta caduta di stile, rispetto al comunque deludente pilota, ma il pubblico ha continuato a seguire la serie Fox, senza farle perdere spettatori: speriamo solo che questo successo relativo faccia prendere agli autori una strada più soddisfacente e intrigante che quella di una famiglia Bradford coi dinosauri.