Se una serie supera lo scoglio del secondo episodio, almeno personalmente, significa che ha conquistato lo spettatore, che anche se non piace del tutto o non convince ha i requisiti minimi di interesse, se non di bellezza. Con Ringer, la serie CW creata da Charmelo e Snyder che ha riportato sul piccolo schermo Sarah Michelle Gellar dopo Buffy, gli autori sono riusciti a mantenere l’interesse e a creare intorno alla serie una reputazione, magari non sempre condivisa, di discreto thriller.
Nel tentativo di scoprire di più del cellulare recuperato dal cadavere del suo aggressore, Bridget vede una foto con Siobhan e il marito a Londra uguale a quella che aveva il sicario: il marito la vuole morta? Sicuramente la vuole morta chi a quel cellulare la chiama minaccioso. Intanto la vera Siobhan a Parigi cerca di rifarsi una vita, rimorchiando in un bar. Ancora la serie non ha messo la marcia giusta, ma l’episodio scritto da Hank Chilton e diretto dal veterano Allan Arkush sa gestire la tensione e la suspense – non troppa ché il pubblico CW non è preparato – anche se poi si risolve in un nulla di fatto.
Se la scorsa settimana abbiamo visto la tecnica Desperate Housewives, cioè raccontare storie minime e piazzare il colpo di scena nel finale, oggi vediamo il metodo (più o meno) Lost, cioè quello di creare tensione con quasi ogni elemento, inquadratura, evento e poi scioglierli in maniera “rassicurante” rinviando la risoluzione alla puntata successiva: il vero perno dell’intreccio è in quella foto che rimanda al sicario ucciso nella prima puntata e che porta Bridget a indagare sul conto di Andrew e scoprire che ha comprato un palazzo apparentemente disabitato. Per quale motivo: truffarla in attesa del divorzio? E come se non c’è nulla? Inoltre Bridget scopre che la foto incriminata era una cartolina di Natale: perciò Andrew è scagionato. E invece no, quando la donna si reca in quel palazzo, vi trova l’uomo che la chiama al cellulare del morto e rivuole a tutti i costi il telefono, costringendola a una fuga.
La sceneggiatura dimostra così di saper fare il suo lavoro basico di tenere il pubblico sulle spine, con in più lo sponsor di Bridget aggredito e drogato da non si sa bene chi: meno bravi gli autori a dare un fondo, un’unità d’intenti se non narrativa, un senso comune e lo dimostrano le sequenze con la vera Siobhan a Parigi, in cui non si capisce perchè dovremmo interessarci a una donna ricca che si arreste prima di consumare con uno sconosciuto solo perché ha le nausee da donna incinta. Se era un modo per farci empatizzare con Siobhan hanno sprecato un’occasione, così come se era un modo per dimostrare le sfumature recitative di Gellar, adatta a ruoli di ragazza forte ma fragile, meno a quello di signora annoiata. Ora che gli autori ci hanno fatto vedere vari metodi, si spera che lo show sappia scegliere il suo e ingranare la quarta.
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