La notizia della morte di Sergio Bonelli si è diffusa questa mattina via web, immediatamente dopo il fatto, e ci ha lasciati senza parole. Si tratta di una morte non certo prematura – l’anno prossimo Bonelli avrebbe compiuto ottant’anni e ha vissuto un vita piena di successi – ma che comunque lascia dietro di sé e nel cuore degli appassionati un vuoto difficilmente colmabile. Il fumetto in Italia non sarebbe stato lo stesso senza di lui, e senza il suo altrettanto famoso padre Gian Luigi Bonelli, creatore di Tex.
La Sergio Bonelli Editore ha creato un formato – il cosiddetto “Bonelliano” – che ancora oggi è standard nella maggior parte delle serie a fumetti anche non Bonelli. Ma, se questo formato nasceva già prima di Sergio, è innegabile che la grande abilità di Bonelli Jr. è stata quella di prendere la casa editrice Cepim e trasformarla in un colosso editoriale come mai era stata prima della sua direzione.
Nel 1961, Sergio assume il soprannome di Guido Nolitta, in modo da non confondersi con il padre, e crea Zagor, una sorta di Tarzan western che accentua gli elementi fantastici presenti in alcune storie di Tex, e introduce la spalla comica (Cico) che tanta fortuna avrebbe avuto in seguito (pensate al Groucho di Dylan Dog), un tipo di personaggio a cui il padre Gian Luigi non aveva mai creduto. Ma è nel 1975 che Sergio spezza con la tradizione “solo western” della casa editrice e crea Mister No, un personaggio che, pur avendo di recente terminato la sua corsa a causa di scarse vendite, ha anticipato la schiera di moderni antieroi Bonelli, come il già citato Dylan Dog e Nathan Never. Mister No, alias Jerry Drake, è un ex-soldato che vive in Amazzonia e ha una personalità molto più sfaccettata del monolitico Tex, che pure nelle mani di Sergio diventa molto meno tutto d’un pezzo rispetto all’interpretazione classica di Gian Luigi.
Il maggiore trionfo editoriale di Sergio Bonelli fu comunque Dylan Dog, che arrivò a superare le vendite di Tex ed era il frutto di una politica molto precisa, vale a dire la ricerca di grandi autori a cui dare la libertà di esprimere la propria personalità, anziché fare in modo che si adeguassero a uno stile preesistente, come si faceva una volta. Certo, questa affermazione è vera a metà, e una delle maggiori critiche rivolte all’operato della Bonelli è proprio quella dell’eccessiva aderenza a schemi ormai un po’ datati (non solo nella struttura sempre identica delle tavole, ma anche in vezzi un po’ vecchi come l’uso del voi, il rigoroso attenersi al bianco e nero). Ma d’altro canto Bonelli fu il primo a dare valore ai nomi degli autori, sempre presente all’inizio delle storie, e questo, unito al successo della sua formula, vorrà pur dire qualcosa.
Per quanto ScreenWEEK sia un blog di cinema, non potevamo ignorare una notizia come questa, soprattutto ora che fumetto e film si stanno legando in maniera sempre più inestricabile. Da Tex fu tratto un film nel 1985, Tex e il signore degli abissi, e Dylan Dog stesso ha di recente fatto la sua transizione al cinema. In un film di produzione americana che molti hanno odiato e che non rappresenta con fedeltà l’indagatore dell’incubo di Tiziano Sclavi, ma che dimostra come la galleria di eroi Bonelli abbia avuto impatto anche al di fuori dell’Italia.
La morte di Sergio Bonelli lascia, come dicevamo, un grande vuoto: con lui se ne va una bella fetta della storia del fumetto nostrano, e ora non resta che guardare con fiducia al futuro. Il fumetto nel nostro paese soffre da tempo, e ci vorrebbe proprio un nuovo Bonelli per risollevarlo. Speriamo non tardi troppo ad arrivare.