Trentatre anni sono passati, un tempo lunghissimo che il regista premio Oscar Roman Polanski ha trascorso quasi interamente in Europa, in esilio volontario dagli Stati Uniti. Il tutto per evitare la carcerazione per un crimine da lui effettivamente commesso, la violenza sessuale arrecata all’allora tredicenne Samantha Geimer. Soltanto un paio d’anni fa, Polanski ha rischiato l’estradizione dopo che era stato arrestato dalle autorità svizzere. Il regista si stava recando a Zurigo per ritirare un premio alla carriera, e proprio il Festival di Zurigo è stata, due anni dopo, la vetrina scelta da lui per scusarsi pubblicamente della sua ben poco onorevole azione.
“E’ doppiamente vittima, mia e della stampa”, ha detto della Geimer nel documentario Roman Polanski: A Film Memoir, diretto da Laurent Bouzereau e presentato al festival. Nel film, il regista si confessa in un dialogo con l’amico produttore Andrew Braunsberg, dove per la verità il caso Geimer ricopre una minuscola porzione del tutto. La storia prende il via, infatti, dall’infanzia di Polanski nella Polonia occupata dai nazisti, e tratta della sua fuga dal ghetto di Varsavia e degli inizi della sua carriera di regista. Una vita incredibile, per un uomo che è ben di più di un “mostro stupratore”, come a volte è stato dipinto.
Certo, perdonare questo tipo di crimini è sempre difficile, ma va anche detto che intorno al caso non mancano i dubbi. In particolare, pur essendo una minore, sembra che la Geimer fosse consenziente alle avances di Polanski. Ovviamente è passato troppo tempo per sapere la verità, e anche fosse così, il regista non sarebbe comunque giustificato. Ma questo gesto di scuse dovrà pur valere qualcosa, da parte di un quasi-ottantenne che sta cercando di chiudere alcuni capitoli spiacevoli della sua vita. Polanski ha finalmente ritirato il premio alla carriera martedì, davanti al pubblico del Festival di Zurigo, che l’ha accolto con una standing ovation. Magari la persona no, ma l’artista di certo la merita.
(Fonte: The Hollywood Reporter)