“E come l’anno scorso…” dedichiamo il nostro Pezzi di cinema – Speciale Ferragosto a un cult del cinema italiano. Dopo Il sorpasso è la volta di Un sacco bello, fulminante esordio alla regia di Carlo Verdone nell’ormai lontano (sigh… la vecchiaia) 1980. Un film capace di dipingere un ritratto forte e vero, anche se satirico, dell’Italia di fine anni Settanta, con tutti i suoi problemi – le città caotiche, il terrorismo – e la sua galleria di facce tipiche.
Verdone si fa in tre per interpretare una serie di personaggi da lui collaudati in televisione, che qui si aggirano in una surreale Roma ferragostana: c’è Enzo, il coatto che vuole approfittare delle vacanze per andarsene in Polonia con l’amico Sergio, in cerca di facili avventure sessuali da ripagare – come da leggenda metropolitana – con calze di nylon e penne a sfera. C’è Leo, ingenuo ragazzotto di Trastevere che, anziché raggiungere come da programma la madre a Ladispoli, si fa trascinare in un’avventura con la bella spagnola Marisol. E infine c’è Ruggero, hippie che vive in una comune vicino ad Arezzo, il cui padre (il grande Mario Brega) tenta di convincerlo a tornare alla normalità, insieme a un trio di figure caricaturali (un prete, un professore e un cugino) tutte interpretate da Verdone.
Tutte le storie finiranno naturalmente male: Enzo non arriverà in Polonia, Leo si ritroverà solo e Ruggero non recupererà il rapporto col padre. D’altra parte, questo tono dolceamaro è una caratteristica non solo del cinema di Verdone, ma di tutta la migliore tradizione della commedia all’Italiana. La pellicola fu prodotta da Sergio Leone, e tramite l’influente produttore Verdone riuscì a ottenere la partecipazione di Brega (comparsa fissa nei western di Leone) e soprattutto quella di Ennio Morricone alle musiche. Verdone omaggiò il suo mentore chiamando Marisol con lo stesso nome della donna rapita da Gian Maria Volonté in Per un pugno di dollari.
A seguire, una scena dedicata a ciascuno dei protagonisti, Enzo, Leo e Ruggero (“Io so’ comunista COSI’!”).