Cowboys & Aliens: intervista allo sceneggiatore Mark Fergus

Cowboys & Aliens: intervista allo sceneggiatore Mark Fergus

Di Marco Triolo

Abbiamo avuto l’occasione di fare quattro chiacchiere con Mark Fergus, della premiata ditta Fergus-Otsby, sceneggiatori di, tra gli altri, Iron Man, I figli degli uomini e l’imminente Cowboys & Aliens. Fergus è stato molto cordiale e si è addentrato senza riserve nei meandri di un lavoro tanto affascinante quanto a volte poco considerato. Seguiteci…

Parliamo un po’ di Cowboys & Aliens. Che cosa vi ha attratto del progetto?

Principalmente, oltre al fumetto creato da Scott Rosenberg, il titolo: si trattava dell’unione di due generi che abbiamo sempre ritenuto si appartenessero l’un l’altro. Abbiamo avuto la chance di fare qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima in maniera compiuta. Certo, si era già tentato un ibrido di questo genere, ma nessuno aveva mai realizzato un intero western fantascientifico.

Si tratta di un terreno difficile, perché il western è da sempre considerato il genere più puro in assoluto…

Il punto è fare in modo che la fantascienza sia un elemento organico al western, senza che ci sia il bisogno di scusarsi con nessuno. Bisogna prendere la cosa seriamente e lasciare che i generi duellino tra loro e lavorino insieme. Ad alcuni di certo il mix non piacerà, ma io credo che invece sia una combinazione magica. E poi il film che mi ha spinto a lavorare in questo campo è Incontri ravvicinati del terzo tipo, che portava l’invasione aliena nei sobborghi e diceva, “E’ così, fatevene una ragione”. Lo stesso spirito che ha animato il nostro lavoro, e che il pubblico pensi quello che vuole pensare…

E’ consapevole degli episodi di avvistamenti UFO nel vecchio west? Ci sono parecchie storie al riguardo…

No, non lo sapevo ma lo trovo fantastico. Le teorie di cospirazione aliena sono come la ricerca di Dio, di qualcosa al di fuori dell’esperienza di tutti i giorni. Non mi sorprende, quindi, che anche prima che la tecnologia aeronautica esistesse, la gente avesse già immaginato i viaggi spaziali.

Cowboys And Aliens Daniel Craig Olivia Wilde Foto Dal Film 01

Quando siete stati chiamati a scrivere il film, la storia era già stabilita o l’avete creata voi? So che Alex Kurtzman e Roberto Orci hanno lavorato al film…

No, in realtà l’ordine cronologico della lavorazione è stato: Scott ha creato il fumetto, poi siamo arrivati noi. C’erano altre stesure precedenti, ma siamo ripartiti da zero basandoci sul fumetto. Nella serie c’erano grandi cose, ma abbiamo più che altro preso il titolo e il concept. La copertina ci piaceva molto: il cowboy che spara all’alieno è un’immagine molto forte, che ci ha convinto a prendere parte al film. Amiamo molto i western, e ci è stato concesso di scrivere la nostra storia, il nostro trattamento, e creare i personaggi e le situazioni che volevamo, e che vedete nel film. Dopo che abbiamo scritto la nostra stesura, abbiamo abbandonato per un po’ il progetto finché non hanno scelto regista e cast. Quando hanno ricominciato i lavori, Orci e Kurtzman hanno riscritto a partire dalla nostra stesura. Ma sono stati loro ad assumerci inizialmente. E’ stata una collaborazione armoniosa, una cosa rara: tutti quanti, noi, Orci e Kurtzman, i produttori Steven Spielberg e Ron Howard, volevamo tutti lo stesso film. Quindi c’è stato un grande spirito di cooperazione.

Perché credete che molti sceneggiatori oggi lavorino in coppia? Penso ai già nominati Kurtzman e Orci, ma anche ai fratelli Coen…

Non posso parlare per Kurtzman e Orci perché non so come si siano trovati, ma io e Hawk abbiamo iniziato separatamente, poi ci siamo conosciuti e abbiamo cominciato a fare dell’editing sul lavoro dell’altro. Lui ha certe capacità che mancano a me, e viceversa: abbiamo capito che insieme eravamo degli sceneggiatori più forti. A questo film hanno lavorato due team di sceneggiatori, ma è come se alla fine fossero solo due persone, perché entrambi siamo come una cosa sola. La maggior parte dei team che conosco hanno iniziato come noi: non hanno deciso di lavorare così, ci sono arrivati strada facendo. Nei giorni scorsi ero a un panel con gli sceneggiatori di Captain America [Christopher Markus e Stephen McFeely], e mi hanno detto che loro sono arrivati insieme a Los Angeles per sfondare, quindi erano insieme da subito. Scrivere è un lavoro solitario, e fa comodo avere qualcuno con cui condividerne il peso e potersi confrontare per non rimanere chiusi nella propria mente. Alla fine si diventa una terza entità, migliore degli addendi.

E’ per voi la seconda volta che lavorate con Jon Favreau. Com’è accaduto?

Per Jon avevamo adattato John Carter of Mars, un progetto che purtroppo non è andato in porto, perché la Paramount non ci ha dato l’ok. Un peccato, perché lo amavamo davvero: sono curioso di vedere cosa ne farà la Pixar. Ci è piaciuto molto lavorare insieme, perciò quando la Marvel ha chiamato Jon per Iron Man, lui ha chiamato noi. Voleva ricominciare da capo per avere una sua versione del film, quindi ci siamo subito messi al lavoro. Durante la lavorazione di Iron Man eravamo sul set a correggere e riscrivere, e in quel periodo ci hanno contattato per Cowboys & Aliens. Due anni dopo Jon ha firmato per dirigerlo: è stato perfetto, lui ha la giusta sensibilità per il film ed è stato attratto dalle stesse cose che hanno attratto noi.

Cowboys And Aliens Harrison Ford Sam Rockwell Foto Dal Film 01

Perché, quindi, non siete tornati per Iron Man 2?

Un po’ per una questione di politica interna allo studio. Robert Downey Jr. voleva lavorare con Justin Theroux perché gli era piaciuto in Tropic Thunder. Tra Robert e noi c’è sempre stato un attrito positivo, non sempre vedevamo le cose allo stesso modo, ma comunque in maniera salutare e creativa. Lui è come un musicista jazz, e noi cercavamo di farlo suonare con una rock band. Gli piace andare dove gli pare, voleva tentare qualcosa di diverso ed è stata una decisione amichevole.

Peccato, perché avevate azzeccato il tono giusto, e il fatto che il film, pur essendo uscito nella stessa estate di quello che viene considerato da molti come il migliore cinecomic mai realizzato, Il cavaliere oscuro, sia ancora visto come uno dei migliori film di supereroi, va tutto a vostro merito…

Grazie. Ci piace molto Il cavaliere oscuro, e ci piaceva che i due film potessero coesistere nello stesso genere e avere entrambi successo. Robert voleva scuotere le cose. Per un po’ era anche in lizza per Cowboys & Aliens, prima di mollare per fare Sherlock Holmes 2. Ci lavorerei ancora, perché ti costringe a lavorare molto duramente e a percorrere strade nuove. Con Iron Man dovevamo farlo, perché il personaggio era poco conosciuto e non avevamo idea che sarebbe piaciuto. La cosa ci ha messo la giusta paura e ci ha costretti a dare il massimo per fare il miglior film possibile. Come per Cowboys & Aliens.

Ha detto che le piacciono molto i film western. Quali soprattutto hanno ispirato il vostro lavoro su  Cowboys & Aliens?

Beh, principalmente Sentieri selvaggi, che credo sia il miglior western di sempre, e una delle migliori interpretazioni di John Wayne. Ma anche il resto della filmografia di John Ford, L’uomo che uccise Liberty Valance, Ombre rosse, Sfida infernale. E poi Fiume rosso, Butch Cassidy. Tra i moderni, Gli spietati, e molti di quelli con Clint Eastwood, come la trilogia dell’Uomo senza nome. Li riguardavamo spesso mentre scrivevamo la sceneggiatura, per ricordarci perché li amassimo. E poi c’è Indiana Jones, da cui abbiamo preso più che altro il tono.

Children of Men Clive Owen Julianne Moore Immagini dal film 4

I figli degli uomini è uno dei miei film preferiti di sempre, quindi devo per forza farle questa domanda: al di là delle controversie intorno ai crediti, quanto della vostra stesura è effettivamente nel film?

Per chi non è dentro l’industria è difficile capire come funzionino certe cose, come i crediti. Alfonso Cuaron ha fatto un lavoro straordinario, ma è stato un po’ scortese nei nostri confronti. Quando ci hanno assunto, nessuno voleva adattare il libro [di P. D. James]: siamo stati noi a introdurre una struttura simile a Casablanca, con l’uomo che non crede più nel prossimo e la donna che gli ha spezzato il cuore che torna da lui per chiedergli aiuto, per una causa più grande. L’intera struttura, la relazione tra Theo, Jasper e Julian, era farina del nostro sacco. Gli sceneggiatori che sono venuti dopo di noi hanno aggiunto altri strati, e lo script usato per le riprese cambia nei dialoghi e in alcune scene rispetto al nostro, ma la struttura era la stessa. Non ho che parole di elogio per Alfonso, lui l’ha preso in mano molti anni dopo che noi ci avevamo lavorato e lo ritiene suo, e mi sta bene. Lui ha inventato la parte finale nel campo di concentramento, ad esempio. Ma la struttura è una cosa invisibile, se non funziona crolla tutto il film. Noi riteniamo che il lavoro dello sceneggiatore stia in questo: non tanto nello scrivere i bei dialoghi, ma nel creare una struttura che regga nonostante i cambiamenti.

Spesso avete adattato materiale non originale, siano essi fumetti o romanzi. Come approcciate un adattamento? Seguite l’originale oppure lo leggete, lo mettete da parte e fate il vostro lavoro?

Più l’ultima, direi. All’inizio troviamo quello che ci piace nel testo, e ci documentiamo anche sull’autore, qual è la sua reputazione, cosa ne pensa la gente. Poi usiamo tutto ciò che funziona a livello cinematografico e inventiamo il resto. Bisogna rispettare il cuore di una storia, senza sentirsi legati. Ad esempio, ultimamente abbiamo lavorato a un adattamento di Akira, un progetto che i fan detestano perché adorano l’originale. Noi abbiamo tentato di portarlo in una direzione originale, è stato un lavoro durissimo. Un libro e un film sono due animali di razza diversa, ma l’anima deve essere la stessa. E’ questa la cosa importante.

Quali sono i vostri progetti futuri? So che state lavorando per Len Wiseman a un film intitolato The World After

Len è attualmente impegnato con Total Recall, perciò l’abbiamo temporaneamente perso. The World After si propone come un film apocalittico che evita tutti i cliché del genere. Credo che entrerà in lavorazione prossimanente, e spero proprio con Len, perché è sì un regista action, ma anche intelligente. Non vedo l’ora.

Ora stiamo lavorando all’adattamento di Maximum Ride, una serie di romanzi di James Patterson simili a The Hunger Games, per capirci. E poi c’è Lara Croft: Tomb Raider. La nostra versione è una sorta di origin story alla Batman Begins: ci interessa capire come Lara sia diventata la guerriera sicura di sé che abbiamo visto nei film con Angelina Jolie. E’ un progetto ambizioso, e spero che ce lo lascino fare così come l’abbiamo pensato. Ci siamo ispirati alle eroine di James Cameron, Sarah Connor di Terminator e Ellen Ripley così com’è in Aliens. Sarà una versione del personaggio che non avete mai visto.

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