Dopo Il ritorno dei morti viventi, gli zombie sono ancora una volta protagonisti della nostra rubrica settimanale con Zombi 2, sottovalutato capolavoro di uno dei nomi più di culto del cinema di genere italiano, Lucio Fulci.
Dal titolo, l’avrete sicuramente capito: Zombi 2 nasce con l’intento di “ingannare” il pubblico spacciandosi per un sequel di Zombi di George Romero. Ma diventa ben più di questo: Fulci mantiene sì l’iconografia romeriana dello zombie marcescente e cannibale, ma recupera quell’elemento Voodoo che il regista de La notte dei morti viventi aveva così attentamente cancellato dalla sua saga. Il risultato è un horror viscerale, potente, violento, capace di scuotere lo spettatore in modi che raramente si sono visti nei b-movies all’italiana.
Fulci riuscì a fondere dunque certe premesse dei film di Romero con l’ambientazione esotica tipica dei primi film sugli zombie, quali Ho camminato con uno zombie e L’isola degli zombies. Curioso, in questo senso, lo scambio epistolare avvenuto tra Dario Argento – produttore di Zombi – e Fulci dopo l’uscita di Zombi 2: all’accusa di aver copiato da loro, Fulci rispose citando tutti i precedenti, e concludendo: “Se ho copiato da voi, allora ho copiato anche da loro. Statevene zitti”. Più avanti, il regista ammise in parte l’origine della sua pellicola, ma continuò a difenderne l’originalità: “Zombi 2 è naturalmente nato sulla scia del film di Romero, che solo in Italia si chiamò Zombi. Il mio film però è completamente diverso da quello di Romero. Lui ha fatto un film sociale, io ho fatto un film più avventuroso, e soprattutto ho ricondotto la figura del morto vivente ai riti vudù cui naturalmente appartiene. Non credo di aver copiato. Se i critici visionassero entrambi i film si renderebbero conto da soli dell’assurdità di tali affermazioni”.
La religione Voodoo è centrale al film, e prologo ed epilogo, ambientati a New York, furono aggiunti solo in seguito dai produttori, che volevano richiamare gli scenari apocalittici urbani di Romero. Meno male, perché si tratta di due sequenze – quella della barca che approda nella baia di Manhattan e quella dei morti viventi che camminano sul ponte di Brooklyn – che testimoniano la grande abilità di un artigiano che sempre si piegava a regie alimentari, ma che in realtà nascondeva un’abilità innegabile. Specialmente il finale, girato all’alba e di nascosto sul ponte newyorchese, è il testamento di un cinema coraggioso, fatto con pochi soldi ma grandi idee.
Molte altre sono le scene passate alla storia in questo film: la lotta tra lo zombie e lo squalo, oppure ancora quella in cui l’occhio di Olga Karlatos viene trapassato dalla scheggia in primissimo piano. Una sequenza che da sola riempiva quattro pagine della sceneggiatura, scritta da Elisa Briganti (e dal marito Dardano Sacchetti, non accreditato). Una scena che, come tante, è stata resa possibile anche grazie all’apporto del geniale effettista Giannetto De Rossi. Una curiosità: a interpretare la protagonista Anne Bowles c’è la sorella di Mia Farrow, Tisa. La pellicola di Fulci è nota e riverita anche all’estero, con il titolo di Zombie Flesh Eaters.
Qui sotto, la già citata scena “squalo vs. zombie”.