Negli ultimi tempi non sono stato molto regolare con la rubrica “Pezzi di cinema”: mi farò perdonare nelle prossime settimane, trattando una serie di classici della fantascienza. A cominciare proprio da oggi, con Dark Star, il primo film di John Carpenter. La pellicola, in origine un film studentesco di 45 minuti, girato in 16mm con l’apporto dello sceneggiatore/effettista/attore Dan O’Bannon, fu in seguito pompata in 35mm e allungata di 38 minuti per una distribuzione cinematografica voluta dal produttore Jack H. Harris, che era rimasto folgorato vedendo il film.
I più attenti avranno riconosciuto il nome di O’Bannon, recentemente scomparso: qui co-sceneggiatore e interprete (del Sergente Pinback), più avanti avrebbe creato Alien, e infatti la sottotrama dell’alieno a piede libero nell’astronave, in Dark Star declinata in senso comico, sarebbe tornata preponderante nel film di Ridley Scott. Carpenter girò il film con un budget di 60.000 dollari e tanta inventiva – quadri comando realizzati con formine per i ghiaccioli rovesciate, l’alieno creato con un pallone gonfiabile – e caratterizzò Dark Star come una satira di 2001: Odissea nello spazio, un film che per altro ammirava moltissimo.
In Dark Star sono presenti i germi di parecchie tematiche che avrebbero accompagnato la filmografia del regista negli anni a venire: ad esempio, gli astronauti della Dark Star, alle prese con la noia e lontani anni luce dall’eroica raffigurazione del pioniere spaziale votato all’espansione della frontiera e all’estirpazione dei nemici di altri mondi. Qui ci troviamo di fronte a veri e propri rappresentanti della working class, assuefatti al tedio di un lavoro ripetitivo e privi di qualsiasi spinta patriottica. Il Sogno Americano è lontano quanto la terra, perso in un’infinità di galassie tutte uguali.
Carpenter e O’Bannon ci mettono anche un po’ di filosofia – geniale la discussione tra Doolittle e la Bomba 20, che rifiuta di abortire il conto alla rovescia e infine si fa esplodere credendo di essere Dio. I due autori infine litigarono sulla paternità della sceneggiatura, e da allora non si parlarono più. Un vero peccato: sarebbe stato bello vederli collaborare di nuovo, magari qualche anno più tardi.
A seguire, la suddetta scena del dialogo tra Doolittle (Brian Narelle) e la Bomba 20. La settimana prossima, parleremo dello Xenomorfo più amato nel mondo. Restate con noi!