Chi è cresciuto negli anni Ottanta non può dimenticare uno dei personaggi in assoluto più iconici dell’animazione giapponese: Capitan Harlock, il pirata dello spazio creato da Leiji Matsumoto, genio dei manga che ha partorito anche classici come Corazzata spaziale Yamato e Galaxy Express 999. Matsumoto era incredibilmente in grado di evocare l’epica della frontiera, dell’esplorazione e l’angoscia unita alla fascinazione dell’immenso vuoto spaziale, sempre utilizzando immagini semplici e alla portata di tutti, come treni e navi. Un’alternativa ai complessi design fantascientifici che dominavano i manga e gli anime, e una scelta che infonde un fascino retrò alle sue opere, rendendole così immortali.
Ma veniamo, visto che si parla di Cinema e Pirati, a Capitan Harlock: creato nel 1976 nell’omonimo manga, Harlock divenne ben presto il protagonista di una celebre serie animata che in Italia andò in onda su Rai 2 a partire dal 1979. La serie riproduce piuttosto fedelmente il manga originale, e introduce Harlock, pirata spaziale a capo dell’astronave Arcadia, con la quale solca gli spazi e combatte le forze del pianeta Mazone. Le mazoniane, bellissime donne-pianta che popolano un pianeta morente, sono giunte sulla terra per conquistarla. Gli umani, ormai resi indifferenti dal troppo benessere, non sembrano intenzionati a combattere, ma Harlock sì. Al suo fianco, c’è il giovane Tadashi, il cui padre è stato ucciso dalle mazoniane. La lungimiranza di Matsumoto sta nell’abbracciare un concetto basilare della fantascienza migliore: il nemico non è così malvagio come viene da noi dipinto. Le mazoniane hanno tutte le ragioni per detestare un’umanità spregevole, che ha ridotto il proprio pianeta in condizioni disastrose e ora non ha nemmeno più la forza di reagire. Harlock, naturalmente, è diverso: la sua profonda cicatrice è sintomo di un passato avventuroso, e il suo vivere ai margini della società è dettato proprio dall’incapacità di condividere lo stile di vita terrestre. Un vero anti-eroe, affascinante e misterioso, il cui unico legame con la terra è la piccola Mayu, figlia del suo defunto migliore amico, e costruttore dell’Arcadia, Tochiro Oyama.
Alla serie seguì un lungometraggio animato, L’Arcadia della mia giovinezza, che a sua volta fu seguita da una nuova serie animata, Arcadia of My Youth: Endless Orbit SSX, che può a grandi linee essere considerata un prequel della precedente, anche se non si svolge nella stessa continuity. Vi si narra della battaglia tra Harlock e gli Illumidas (“Umanoidi”, in Italia), una razza di alieni che intende schiavizzare l’umanità. Al fianco di Harlock c’è, stavolta, Tochiro, oltre che Esmeralda, piratessa spaziale che sarà in futuro la compagna di Tochiro, e con lui avrà la figlia Mayu. Come dicevamo, in realtà le due serie non sono propriamente collegate e spesso si contraddicono. Eppure, agli occhi di un bambino cresciuto in quegli anni, è innegabile che sembrasse compiersi una saga di ampio respiro, in cui gli eventi si concatenavano, al di là delle discrepanze.
Harlock sopravvive tuttora in una serie di film, anche se i suoi giorni di gloria appartengono al passato. Eppure, Matsumoto ha creato un personaggio leggendario che ha affascinato intere generazioni e che, per questo, difficilmente sparirà del tutto dalle coscienze.
Restate con noi in questo rush finale verso l’uscita di Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare. Se volete saperne di più, consultate le news dal blog e lo speciale Cinema e Pirati.