Problema di equilibri. Messi finalmente da parte i personaggi di Will, la saga dei Pirati dei Caraibi ha deciso di appoggiarsi completamente sulle spalle del suo personaggio più riuscito, Jack Sparrow. Una scelta piuttosto logica visto che gli innamorati interpretati da Orlando Bloom e Kiera Knightly erano stati fin troppo spremuti e forse già se ne poteva fare a meno nella terza avventura, ma che finisce purtroppo per responsabilizzare troppo una figura estremamente interessante proprio perché indefinibile. Non solo. Il continuo gioco di specchi, mascheramenti, tranelli e senso di giustizia travestito da cinismo comincia a dare la sensazione del déjà-vu, ormai sappiamo come ragiona Sparrow e il dove si vada a finire è sempre chiaro. A subirne è la carica ironica del film, ciò che rendeva il prodotto interessante anche per il pubblico più adulto, costretto ora a la visione di un racconto che ricorre nella spettacolarità e rumorosità di alcune scene per sviare un problema narrativo piuttosto palese. Per quanto Johnny Depp si impegni, le mossette a sua disposizione sono terminate.
A poco servono le new entry del film. Penelope Cruz veste i panni di Angelica, una vecchia fiamma ripescata da un passato di Jack Sparrow che forse sarebbe più interessante approfondire di quanto non lo sia il suo futuro. E’ la classica amante delusa, ma combattiva e pronta a rispondere colpo su colpo alle stoccate del suo partner, come ci si sarebbe aspettati che fosse. Il Capitano Barbanera (Ian McShane) risulta invece l’ennesimo pirata dal carattere ambiguo (non buono, ma neanche spietato, nonostante il finale) pronto a rendere le alleanze di Jack ancora più difficili da definire e immaginare. Tra lui, Barbossa, Angelica, la flotta spagnola e quella inglese, capire bene chi fa cosa e perché è un obiettivo ardito per chi non conosce a memoria i precedenti tre capitoli. L’amore puro, quello su cui si spera di catalizzare il romanticismo del film, è affidato stavolta alla passione fra un umano e una sirena (la bellissima spagnola Astrid Berges-Frisbey) le cui lacrime servirebbero per far funzionare una magica fontana della giovinezza.
Guardando I Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare sembra chiaro che Jerry Bruckheimer stia cercando di abbassare sempre più il target di pubblico da raggiungere. Il passaggio del testimone alla regia da Gore Verbinski a Rob Marshall ci priva di alcuni deliranti, ma allo stesso tempo interessanti passaggi narrativi così come annulla quasi completamente quella patina horror che avvolgeva alcuni personaggi e soluzioni narrative. Dal punto di vista del produttore, il risultato sembra riuscito, bisogna però vedere cosa ne penseranno tutti quei ragazzini che se nel 2003 iniziavano l’adolescenza ora saranno più che maggiorenni e forse si aspettavo che la storia crescesse con loro. Anche quello è un pubblico che si reca al cinema, anche se ormai senza genitori e quindi portando un ricavo minore. Chissà se quella porta lasciata aperta a fine film a favore per un quinto episodio della saga sarà davvero oltrepassata. Johnny Depp sembra avere qualche dubbio, e un po’ ne possiamo intuire le ragioni.
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