Proseguiamo il nostro viaggio verso terre inesplorate, in compagnia di Johnny “Jack Sparrow” Depp e di tutta la ciurma di Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del Mare, quarto capitolo, diretto da Rob Marshall, delle avventure dei Pirati dei Caraibi. Lungo questo viaggio cercheremo di ripercorrere tutti quei titoli che hanno reso grande il cinema incentrato sulle avventure dei più temibili filibustieri, esplorando nella maniera più completa anche la saga dedicata al capitano Jack Sparrow. Dopo avervi parlato de La Maledizione della Prima Luna e Captain Blood, vi parleremo oggi di un classico di Steven Spielberg.
Pochi registi sono riusciti a raccontare l’universo infantile e pre-adolescenziale meglio di Spielberg, da sempre cantore nostalgico di un’età in cui innocenza e immaginazione si fondono per dare vita a qualcosa di magico che non si ripete mai più nella vita di una persona. Spielberg, si sa, ha avuto i suoi problemi da ragazzino, con il divorzio dei suoi genitori, ma ha compensato proprio grazie a quella creatività che gli ha permesso di diventare il più celebre regista americano dei nostri tempi.
In un certo senso, dunque, non poteva che spettare a lui il compito di dare un seguito a una storia dedicata proprio alla fanciullezza, quel Peter Pan che, creato da J.M. Barrie per il teatro e poi dallo stesso autore tramutato in romanzo di successo, è ancora oggi amato e conosciuto dai bambini di tutto il mondo, anche grazie alla splendida versione che ne fece la Disney, Le avventure di Peter Pan. Spielberg, dicevamo, è l’autore perfetto per questo racconto, che declina seguendo una serie di temi cari al suo cinema. In Hook – Capitan Uncino, Peter Pan è interpretato da Robin Williams e dipinto come un padre di famiglia di mezza età, che ha dimenticato tutto delle sue origini e ha perso il dono dell’eterna giovinezza, diventando un comune essere umano alle prese con lo stress della vita famigliare e del lavoro. Peter è infatti un avvocato di successo, ma i suoi frequenti impegni lo rendono un padre assente.
Come detto, Peter non ricorda nulla. E qui entra in gioco il filo conduttore che lega molti dei film di Spielberg: i bambini percepiscono e vedono cose che agli adulti sono negate, ma a cui un tempo anche loro avevano accesso. Solo che in mezzo di è frapposta la vita, facendo loro dimenticare tutto. A Peter, dopo essere stato allevato da comune mortale nell’orfanatrofio gestito da Wendy, è capitata la stessa cosa. Ora non è altro che un padre affettuoso, sì, ma distratto, e nel rapporto tra padri e figli sta l’altro nucleo tematico del regista (pensate a La guerra dei mondi o Indiana Jones e l’ultima crociata): il protagonista, in questo caso, riuscirà a recuperare la memoria solo quando ritroverà il suo “pensiero felice”, in questo caso la gioia di essere padre. I nodi si sciolgono e tutto va a finire bene proprio quando Peter riesce a vedere di nuovo con gli occhi di un fanciullo, e riscopre una giovinezza di spirito che lo rende una persona, e un genitore, migliore. Il messaggio finale è: anche se le grandi avventure sono finite, l’avventura più grande di tutte sarà vivere.
Al di là di questi temi, pur importanti e ben delineati, Hook crolla un po’ su se stesso a causa di un’eccessiva rigidità della messa in scena, a cui manca quella scorrevolezza che spesso dà la marcia in più al cinema di Spielberg. Detto questo, il cast funziona a dovere – oltre a Williams, ci sono Bob Hoskins, Julia Roberts e Dustin Hoffman, nel ruolo di Capitan Uncino – e il film regala comunque bei momenti, duelli cappa e spada e personaggi divertenti. Una menzione speciale, visto che parliamo di pirati, va fatta a proposito dell’Uncino di Hoffman: l’attore da il meglio di sé nella parte, e ruba – giustamente, visto che il titolo è dedicato a lui – la scena a tutti gli altri attori, Williams compreso. Pensate che, fin dal 1985, anno in cui Spielberg avrebbe dovuto realizzare in origine il film, Hoffman è rimasto ben saldo nel ruolo. Un ruolo per il quale, ci sentiamo di dirlo, pareva essere nato.