Rabbit Hole
Regia: John Cameron Mitchell
Cast: Nicole Kidman, Aaron E. Eckhart, Dianne Wiest, Tammy Blanchard, Sandra Oh, Giancarlo Esposito, Jon Tenney, Mike Doyle
Durata: 1h 31m
Anno: 2010
Becca e Howie Corbett ((Nicole Kidman e Aaron Eckhart), dopo 8 mesi dalla tragica perdita del loro bambino, stanno cercando ancora di trovare la loro quotidianità e di riprendere in mano le proprie vite e il loro matrimonio.
Non li aiuta di certo la sorella di Becca (Tammy Blanchard) che si ritrova incinta, né la petulante madre (Dianne Wiest).
Cercando aiuto in un gruppo di terapia, riusciranno ad uscire dal labirinto di ricordi e sensi di colpa seguendo invece ognuno il proprio percorso di riconciliazione con la vita.
No. Il Botox non ha rovinato l’espressività di Nicole Kidman (come lei stesso ha ammesso di usare) e in Rabbit Hole ci offre un’ottima interpretazione, giustamente premiata con una nomination all’Oscar. Dispiace vedere dimenticato Aaron Eckhart, decisamente eccellente e in alcuni momenti ruba decisamente la scena alla Kidman.
Fatti i dovuti complimenti agli attori, purtroppo non posso farne altrettanti alla pellicola o al regista.
Rabbit Hole è un film lento e straziante (e non nel senso buono del termine). Non si capisce dove si vuole andare a parare e alcune azioni e reazioni dei due protagonisti sono spiazzanti e indecifrabili, e non si capisce se effettivamente l’intento del regista John Cameron Mitchell sia quello di strapparti una risatina in quei momenti assurdi.
Capisco che non sia un’opera originale ma è tratta da una pièce teatrale, ma il fatto di parlare di una famiglia così borghese, nella classica periferia borghese, che vivono nella casa più borghese di sempre non aiuta per niente ad immedesimarsi e ad empatizzare con i personaggi, tanto da provare molta più simpatia per la sorella “stracciona” e la madre della protagonista (e questo è già tutto un dire, visto che sono a dir poco irritanti).
Non è tutto da buttare e ci sono alcuni buoni elementi, come una ricostruzione non lineare dell’incidente che permette piano piano di ricomporlo come in un puzzle, oppure la spiegazione della teoria dei multiuniversi e la creazione del bellissimo fumetto di Jason (Miles Teller), anche se in alcune puntate della serie tv Fringe (rimanendo in tema) si sono raggiunte vette decisamente più elevate riguardo al dolore della perdita di un figlio e su cosa si è disposti a fare o a credere per ricongiungersi con lui.
Quando il film finisce dopo solo un’ora e mezza non riesci a capire se stai provando sorpresa o sollievo. Ma ripeto, non è tutto da buttare.
Voto: 6–
Rabbit Hole sarà nelle sale italiane da domani, venerdì 11 febbraio. Qui l’altra recensione di Filippo Magnifico.