Ok, ammetto già in partenza che Rocky IV non è neanche lontanamente paragonabile ad altre entrate della serie “Pezzi di cinema”, nel senso che, per lo meno da un punto di vista oggettivo, è un brutto film. E’ un polpettone nazionalista, una parabola gonfiata dal più becero spirito reaganiano che racconta di quanto l’americano, sano e amante delle tradizioni, sia destinato ad avere la meglio sul russo, che invece trae la sua effimera forza dal gelo del sistema sovietico. Insomma, robaccia alla Rambo II. Eppure, mentirei se dicessi che non ho visto questo film una decina di volte, da piccolo. Lo adoravo, e questo ben prima di accorgermi che affidare una parabola sulla vecchia e sana America a un protagonista che si mangiava gli steroidi a colazione fosse quanto meno un controsenso.
Ma in fondo, chi se ne frega: Rocky IV è un film mitico, per i personaggi (l’Ivan Drago di Dolph Lundgren è storia del cinema), i dialoghi (quel “Io ti spiezzo in due” che resterà per sempre negli annali) e le situazioni al limite del ridicolo, come il discorso finale di Rocky (“Se io posso cambiare, e voi potete cambiare… tutto il mondo può cambiare!“) che anticipa la Perestrojka. Insomma, “so bad it’s good” all’ennesima potenza.
Sylvester Stallone qui è anche regista, e ha ammesso che i pugni che volano tra lui e Lundgren nella prima parte del match sono autentici, su richiesta dello stesso regista. In particolare, un pugno di Lundgren fece sbattere il cuore di Stallone contro la cassa toracica, causandogli difficoltà respiratorie e una prognosi di otto giorni in ospedale. Allo stesso modo, Lundgren colpì Carl Weathers lasciandolo privo di sensi sul ring per alcuni minuti. Una volta sveglio, l’attore minacciò di lasciare il film, ma fu convinto da Sly a rimanere, a patto che Lundgren si desse una calmata. Insomma, tutto si può dire di Stallone, tranne che non prenda sul serio il proprio lavoro!
Qui sotto, il già citato discorso finale di Rocky.