Dopo aver trattato di Terminator, Rambo e Rocky, parliamo di un’altra icona del cinema action americano anni Ottanta: il mitico RoboCop di Paul Verhoeven. Per un quarto critica sociale e per tre quarti azione sfrenata e violentissima come solo all’epoca si riusciva a fare, RoboCop è uno dei migliori film hollywoodiani di Verhoeven, che ha creato un personaggio talmente vincente (interpretato da Peter Weller) da venire riutilizzato (maluccio) in due sequel scritti da Frank Miller e in una serie TV.
L’idea del film venne originariamente allo sceneggiatore Edward Neumeier, che, passando vicino a un poster di Blade Runner, chiese agli amici di cosa parlasse: dal poliziotto a caccia di robot al robot-poliziotto il passo è stato breve. Verhoeven, appena letto lo script, lo ritenne uno stupido action movie: fu solo grazie alla moglie, appassionatasi alla sceneggiatura, che si convinse che c’era molta più carne al fuoco di quello che pareva a una prima letta. Neumeier e Verhoeven avrebbero lavorato di nuovo insieme a Starship Troopers, altro film satirico che, come RoboCop, fu percepito dalla gente come fascista, nonostante in entrambi i casi sceneggiatore e regista abbiano voluto esprimere idee di sinistra mascherate da film d’azione destrorso. Un paio di curiosità: il personaggio di RoboCop fu ispirato in parte a Judge Dredd, in parte a un personaggio poco noto della Marvel, ROM. Verhoeven, inizialmente, avrebbe voluto Rutger Hauer nei panni del protagonista, e Michael Ironside in quelli di Clarence Boddicker. Ironside più avanti avrebbe collaborato col regista in Atto di forza.
Qui sotto, due clip al prezzo di una: la scena al poligono di tiro e la sequenza finale del film.