Rapunzel, la recensione in anteprima

Rapunzel, la recensione in anteprima

Di Gabriele Niola

Rapunzel L'intreccio della torre Poster ItaliaRegia: Nathan Greno, Byron Howard
Cast: Donna Murphy, Mandy Moore, Zachary Levi, David Cross, Carol Burnett, Jason Alexander, Ron Francis Perlman, Jeffrey Tambor, M. C. Gainey, Paul F. Tompkins, Brad Garrett, Nathan Greno, Byron Howard, Delaney Rose Stein, Richard Kiel
Durata: 94 minuti
Anno: 2010

Dopo 4 anni di lavoro ed integrazione finalmente vediamo i frutti di quella fusione avvenuta nel 2006 tra Disney e Pixar. Si vede la longa mano di John Lasseter dietro questo nuovo, vecchio film Disney, così pieno di elementi moderni e complessi e al tempo stesso così smaccatamente classico e ortodosso che solo qualcuno di esterno poteva farlo così.

C’è una principessa da salvare, un eroe sbruffone dalla vita avventurosa, una matrigna malvagia, un regno con castello, un bosco, spalle comiche e numeri musicali. Ci sono anche le classiche scene madri: il momento romantico sul lago con luminarie varie, il momento musicale corale con numeri comici, il momento di fuochi d’artificio finali e quello intermedio di magia.

Eppure Rapunzel è in tutto e per tutto un film moderno. Perchè nelle pieghe di una storia classica si inseriscono dinamiche contemporanee. Nonostante quel che sembri i ruoli sono molto sbilanciati, la principessa non è solo la protagonista (come era Biancaneve o La Bella Addormentata) ma l’eroina vera e propria anche delle scene d’azione, in tutto e per tutto artefice del proprio destino. Sa quel che vuole e se lo va a prendere ma con un’incertezza e un desiderio ardente che le impediscono di diventare eroina distante.

Dalla Pixar sembra venire anche un character design assolutamente fuori dal normale, specie per il camaleonte spalla (muto, quanto tempo era che non c’era una spalla muta?) e la stessa Rapunzel, dotata di occhi grandissimi, piedi sempre scalzi e una bellezza che nulla ha di acquietante (come ci aveva abituato una pessima Disney), ma anzi è in grado di essere accattivante ed empatica. Come fuori dal normale del resto è la “recitazione” dei personaggi. Si guardi alla fine del film il volto che fa il servitore che comunica ai regnanti il ritorno della figlia. Quanto è lontano da quelle espressioni terrorizzate dei giocattoli di Toy Story 3 nell’inceneritore?

Ma è nella sceneggiatura di Dan Fogelman (coautore di Cars) la vera complessità, specie nel rapporto con la matrigna, ovvero il personaggio malvagio, la donna che ha intrappolato la protagonista nella torre e che si finge sua madre sostenendo di tenerla reclusa per il suo bene, che si misura tutta la complessità del film. La matrigna professa amore a piede sospinto e in maniera così convincente che in più di un momento si ha l’impressione che sia un sentimento autentico. Inganna lo spettatore come la protagonista e mostra come il massimo del male spesso si nasconda e bene dietro il massimo del bene apparente: la mamma.

Il mito Disney è stato finalmente raggiunto ed eguagliato? La Pixar ha compiuto di nuovo l’impresa? Qui le altre critiche

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