Regia: David Yates
Cast: Daniel Radcliffe, Rupert Michael Grint, Emma Watson, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Robbie Coltrane, Rhys Ifans, Bill Nighy, Bonnie Kathleen Wright, Peter Mullan, Ninette Finch, Warwick Ashley Davis, Ralph Fiennes, Tom Felton, Helen McCrory, Jason Isaacs, Maggie Smith, Michael Gambon, John Hurt, Miranda Richardson, Ciaràn Hinds, Jamie Campbell Bower, Clémence Poésy, David Thewlis, Brendan Gleeson, Evanna Lynch, Dave Legeno, Imelda Staunton, Timothy Spall, David O’Hara, Toby Regbo, Julie Walters, Rade Serbedzija
Durata: 146 minuti
Anno: 2010
Uno dei luoghi comuni più retorici dei discorsi potteriani che ci portiamo dietro da quasi dieci anni (assieme a “sono troppo grandi per fare i maghetti“, “è un capitolo più dark“, “i bambini crescono con lui“) è “ci sono tante cose rimaste escluse, ma del resto per raccontare tutto il libro sarebbero serviti almeno due film“, stavolta però i film sono davvero due tratti da un libro solo e l’impressione è che un film unico sarebbe forse stata una scelta migliore.
Fin dal logo iniziale della Warner, che lentissimo procede verso lo schermo, il film annuncia la sua caratteristica principale: la dilatazione dei tempi. Questo settimo Harry Potter conquista la palma del più estenuante, al ritmo indiavolato imposto ai precedenti capitoli per comprimere i libri qui si sostituiscono tempi infiniti, silenzi espressivi e continue reiterazioni delle medesime situazioni. Antonioni for kids.
Harry Potter è ormai ufficialmente braccato da mangiatori di morte che ora lavorano per il ministero della magia, gestito ufficialmente da un servo di Voldemort. Dunque è fuga e, come ci avevano promesso, “on the road”. Ma in realtà sono solo una quantità impressionante di set diversi in cui i personaggi guardano nel vuoto per comunicare tensione, paura e incertezza. Litigano ma si riappacificano senza troppe difficoltà e quelle poche sequenze d’azione presenti sono tra le peggio dirette e montate di tutta la saga (non si capisce nulla).
Eccezione che conferma la valutazione la straordinaria sequenza in animazione 3D della favola dei doni della morte. I soli tre minuti di cinema di tutto il film.
Fermo restando che i fan della saga, cioè i fan che vengono dai libri, desiderano unicamente confrontare le proprie fantasie con quelle della Warner e ritrovare il piacere delle storie lette con in più il beneficio di immagini, poco importa di quale qualità, non ci si può non interrogare su quanto questo successo mondiale assicurato abbia quelle caratteristiche solitamente imputate al cinema “noioso”.
Lento, dilatato, dotato di un’azione mal diretta e poco importante, ripiegato fino allo spasmo sull’intimismo dei personaggi, quest’ultimo Harry Potter farà uno sfacelo di soldi grazie a quella medesima fascia di pubblico che poi dice, e continuerà a dire, che i film di Takeshi Kitano sono noiosi.
E’ stata una buona idea dividere il film in due? Il denare ha trionfato ancora sul proposito di fare un buon film o era una scelta indispensabile? Qui le altre recensioni