Il secondo giorno di festival ha tutto l’aspetto di una pausa di quiete prima delle tempesta. Una tempesta che si chiama Sofia Coppola, in arrivo domani con il suo nuovo film, Somewhere. Oggi, la sfortuna mi ha accompagnato. Ho tentato di entrare a ben due film di John Woo: The Killer, il suo capolavoro, e Reign of Assassins, suo ultimo film che in verità ha diretto con Su Chao-Pin. In entrambi i casi, ho fallito miseramente. Nel primo per l’eccessiva coda e la priorità agli inviti, nel secondo per la priorità alla stampa periodica. Ma non mi scoraggio: lo vedrò domattina!
Ho invece assistito alla proiezione di Legend of the Fist: The Return of Chen Zhen, film di Andrew Lau che si pone come un sequel di Dalla Cina con furore. Donnie Yen riprende il personaggio di Chen, che fu di Bruce Lee: lo vediamo tornare a Shanghai dopo la Prima Guerra Mondiale, ed entrare nella resistenza cinese contro l’invasore giapponese. A sfidarlo, stavolta, c’è un generale nipponico che è anche il figlio del suo avversario nel film originale. Chen assume dunque un’identità segreta e combatte il male, mentre nel frattempo si infiltra nelle Triadi per prepararsi alla rivolta contro il Giappone.
Il costume scelto da Chen farà impazzire i fan: è lo stesso di Kato, l’assistente del Calabrone Verde interpretato da Lee in TV. Lau sceglie dunque di ripercorrere visivamente la storia del Mito: non a caso, nel combattimento finale Chen sfoggia la famigerata casacca bianca e si prodiga negli indimenticati “watah”, estraendo anche i nunchaku! La figura di Bruce Lee si fa dunque metafora della sofferta genesi della Cina moderna: Chen ne è l’eroe più importante, e dunque ha senso che i due racconti scorrano paralleli. Insomma, si tratta di una variazione “alta” del cinema di arti marziali che speriamo attecchisca tra i migliori autori orientali.
Domani, mi aspetta una giornata dedicata alla Coppola e al Leone d’Oro alla carriera John Woo. Mi raccomando, non mancate!