Visto che la settimana scorsa si è parlato di Un lupo mannaro americano a Londra, stavolta tocca citare L’ululato, uno dei migliori esempi del cinema di Joe Dante. Tratto liberamente da un romanzo di Gary Brandner, scritto per lo schermo da John Sayles, L’ululato è noto per il suo tono tra orrore e commedia, sulla falsariga di Piranha (anch’esso sceneggiato da Sayles), per le numerose citazioni del cinema dei licantropi (tutti i personaggi si chiamano come celebri registi di questo filone, come George Waggner e Terence Fisher) e soprattutto per la sequenza di trasformazione in uomo lupo che rivaleggiò con quella creata da Rick Baker per il film di John Landis. Baker avrebbe dovuto lavorare per Dante, prima di accettare l’offerta per Un lupo mannaro americano a Londra, e gli effetti speciali de L’ululato vennero dunque realizzati dal grande Rob Bottin (La cosa, Piranha).
L’ululato ha una trama ben più surreale di quella di Un lupo mannaro, ambientato com’è in una comunità in cui vengono trattati pazienti che hanno subito traumi psicologici. Dunque, siamo sempre in bilico tra realtà e allucinazione, ed è proprio la scoperta che il sogno è realtà a rendere questo film un’esperienza così inquietante, al di là dello humor che lo pervade. Qui sotto, riportiamo ovviamente la celebre scena della trasformazione del serial killer Eddie Quist (Robert Picardo).