Regia: Roman Polanski
Cast: Kim Cattrall, Ewan Gordon McGregor, Pierce Brosnan, Olivia Williams, Timothy Hutton, James Belushi, Tom Wilkinson, Eli Wallach, Jon E. Bernthal, Daphne Alexander
Durata: 128 minuti
Anno: 2010
Il nuovo (e forse ultimo) film di Roman Polanski vince nel momento in cui rifiuta qualsiasi velleità autoriale (anche se ovviamente facendolo raggiunge anche quest’obiettivo). Vince quando sembra imbastire un rapporto sentimentale e poi lascia che tutto rimanga solo un altro passo avanti nella distensione della trama, quando sembra operare un discorso sociale e politico sull’eredità del conflitto afghano nei rapporti America-Regno Unito ma poi vira subito su un colpo di scena del plot. Vince insomma tutte quelle volte che rifiuta fermamente di centrare la messa in scena sulle speculazioni autoriali e invece rimane attaccato ai fatti, lasciando che da essi emergano i personaggi e il contesto.
Con un’attenzione giustamente maniacale ai luoghi, al meteo e ai volti (vedasi Eli Wallach oppure il modo fantastico in cui è usato un attore solitamente scialbo come James Belushi) Polanski centra tutte le componenti fondamentali di un film di genere che, oltre ad un intreccio forte (garantito dal libro di partenza), si fonda soprattutto su un contesto e un’atmosfera in grado di convincere lo spettatore che tutto può succedere.
La rapidissima discesa di un normale (e un po’ sfortunato) scrittore chiamato a fare il ghost writer del primo ministro britannico e in un attimo catapultato in una situazione più grande di lui, fonda il suo coinvolgimento su elementi come la straordinaria abitazione in riva al mare in cui si svolge buona parte del film, il tempo plumbeo e ventoso e quella curiosa umanità al servizio del primo ministro che sullo sfondo di tutto continua a mettere a posto le foglie anche se il vento le scompiglia.
L’uomo nell’ombra è un film in diversi toni di grigio dove non c’è un raggio di sole e che non perde un attimo e no ha un gesto superfluo. Contrariamente al cinema di situazioni, di personaggi e di ambienti, che spesso si dilunga in scene che non hanno economia nella trama ma che definiscono un personaggio, questo è cinema di fatti che invece si nutre di situazioni, personaggi e ambienti nel quale tutto ha un senso perchè il meccanismo asciutto di narrazione della storia è specchio di un modo rigoroso di conoscere il mondo.
Meglio il Polanski complesso, alto e dotto di Il Pianista o quello secco, diretto e brutale di L’uomo nell’ombra? Qui le altre critiche