Wolfman, la recensione in anteprima

Wolfman, la recensione in anteprima

Di Gabriele Niola

Wolfman Poster ItaliaRegia: Joe Johnston
Cast: Benicio Del Toro, Anthony Hopkins, Emily Blunt, Hugo Wallace Weaving, Geraldine Chaplin, Art Malik, Elizabeth Croft, David Sterne
Durata: 125 minuti
Anno: 2010

Che Wolfman non sarebbe stato un gran film gli appassionati avevano cominciato ad intuirlo dalle prime notizie sulle lungaggini produttive. Sembra che solo la tenacia di Benicio Del Toro abbia fatto arrivare il film nelle sale e ora che è possibile vederlo ci si chiede se tanta fatica sia valsa a qualcosa.
Nonostante infatti il consueto spostamento di mezzi, fondi e competenze Wolfman è un film che risente di molte scelte dubbie o eccessivamente difficili a partire proprio dal suo attore protagonista.

Nonostante un volto animalesco anche senza trucco Benicio Del Toro ha un corpo da antieroe, non tanto nel senso di antagonista, quanto in quello di uomo inadatto al ruolo del protagonista d’azione. Si percepisce un certo disagio nel vederlo vestire i panni del personaggio positivamente avventuroso come da tradizione hollywoodiana, anche perchè la trama si rifà smaccatamente all’originale del ’41, e questo risulta in una molteplicità di momenti in cui il corpo tradizionalmente “sfasciato” di Del Toro appare fuori luogo.

Oltre a questo il film soffre di una forte mancanza di idee originali. La trama è sempre quella, le svolte paiono tutte altamente prevedibili e anche la messa in scena guarda eccessivamente a modelli illustri di gotico come Tim Burton (non solo le scenegrafie ma anche i movimenti rapidi attraverso i luoghi realizzati con la stessa tecnica digitale di Sweeney Todd o il momento romanticamente topico sugellato da un “Abbracciami” a cui mancano solo le mani di forbice).
Ma volendo anche sorvolare sui debiti o sui modelli cui si appoggia Joe Johnston, lo stesso non può non sfuggire come la sua idea di gotico e di suspense (le due componenti che dovrebbero reggere il film) sia poverissima. A questo punto tutto il resto (il conflitto paterno, l’amore impossibile…) perde di credibilità ed interesse riducendo il film ad un susseguirsi dei soliti colpi improvvisi enfatizzati dal sonoro e trucchi nemmeno troppo esaltanti (difficile in più momenti non pensare a Voglia di vincere).

Interessante comunque come il mito dell’uomo lupo moderno pur affondando in tempi antichi (l’originale del 1941 era ambientato nella contemporaneità) tralasci tutte quelle implicazioni religiose che erano il succo dei mostri classici. Non solo i vampiri hanno ormai perso qualsiasi connotato demoniaco a favore di una zombizzazione ma anche l’uomo lupo ora non è più un maledetto bensì un contagiato. Tutta la mostruosità sembra ridursi alla dinamica medica del contagio, malattie che si propagano e che sembrano avere spiegazioni scientifiche anche quando (come in questo caso) esse non vengono fornite.

E’ questo l’uomo lupo moderno oppure si tratta di una rivisitazione imperfetta del mito originale? C’è spazio per questo tipo di paura nel mondo moderno? Qui le altre critiche

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