Regia: Oliver Parker
Cast: Ben Barnes, Colin Firth, Caroline Goodall, Rachel Hurd-Wood, Rebecca Hall, Emilia Fox, Ben Chaplin
Durata: 110 minuti
Anno: 2009
Il mito di Dorian Gray è secondo solo alle opere di Shakespeare quanto a svilimento, violenza e depauperazione dei suoi significati tramite il selvaggio saccheggio da parte di opere per la televisione e per il cinema che nel tentativo di attualizzare la narrazione hanno ridotto ad uno o al massimo a due gli elementi chiave delle vicende raccontate. Negli anni l’adattamento della storia scritta da Oscar Wilde, del suo mito faustiano di indiretto patto con il demonio e doppia vita, è diventato solo la sua apparenza cioè un dr. Jekylle mr. Hyde con toni sessuali accennati.
Non fa eccezione quest’ultima riduzione, firmata da Oliver Parker, nella quale Dorian si presenta come un ragazzo ingenuo, si lascia corrompere dal lato fascinoso delle potenzialità della sua bellezza e giovinezza salvo poi pentirsi di quell’atteggiamento per l’amore di una ragazza che lo indurrà a rivedere i termini del suo rapporto con il famoso ritratto.
Pur ambientando la narrazione nell’epoca filologicamente corretta Parker pretende comunque di aggiornare lo spirito della vicenda, di modernizzare il personaggio e il suo sentire. Un Dorian Gray antico nel vestire ma moderno negli atteggiamenti e, ancora peggio, nelle contraddizioni che lo animano, quando invece uno dei motori del racconto era il modo in cui quella personalità si incastrava nell’Inghilterra della fine dell’epoca vittoriana.
Indeciso tra il rigore della ricostruzione, la fedeltà al testo, un’estetica da pubblicità del Campari e diverse concessioni ai canonici svolgimenti delle storie per il cinema (dove ad una colpa corrisponde una punizione e dove ad un certo punto deve comparire una donna come motore immobile) Oliver Parker confeziona un pasticcio con poco senso e molto rumore che urla senza dire nulla, guarnito di effetti speciali e visivi da film d’azione o trovate moderne (??) come quella senza senso o economia nel racconto di iniziare tutto con Dorian che butta nel Tamigi una cassa e poi tornare indietro con il cartello “Un anno prima”.
Anche volendo prescindere da tutto questo (perchè l’idea di un Dorian Gray più moderno non è impossibile) la riduzione del personaggio di Wilde a peccatore in cerca di redenzione che trova nell’amore per una ragazza il vero significato della vita rinnegando in finale di vita i “mali” compiuti in precedenza e che sceglie di morire per punirsi è veramente mortificante per tutti, autori inclusi.
Funzionano ancora questi adattamenti classici in abiti d’epoca? Quanto appeal ha il personaggio di Dorian Gray in un film omonimo? E quanto può essere moderno? Qui le altre critiche