Jean Charles Hue è uno che sa raccontare le cose come stanno, infarcendole di fascino, di poesia e di grande tecnica.
Carne viva è un viaggio duro nel Messico più profondo, quello dei quartieri più bassi di Tijuana.
Passo dopo passo seguiamo David, cinquantenne mezzo fuori di testa ma profondamente filosofo.
David ha un tumore ed è completamente senza denti (perde l’ultimo durante le riprese del documentario!), però è convinto che ne verrà fuori e ricomincierà a vivere alla grande.
Attorno a lui si muovono personaggi interessanti e controversi come il ragazzo che per evitare di subire violenza finisce per uccidere il suo aggressore, o come il poliziotto che va in giro ad eliminare i cani feriti in incidenti stradali.
O ancora il chiropratico che viaggia tra massaggi e magia.
Al centro di tutto c’è un cortello col manico di osso di cane, vero protagonista della storia. Intorno a lui, alla sua storia, al suo significato, ai suoi poteri magici ruotano tutti gli eventi narrati.
E di eventi ce ne sono a bizzeffe per essere un documentario.
Carne viva riesce a tirar fuori l’animo dei protagonisti, i loro sentimenti viaggiando continuamente tra droga, prostituzione, pedofilia e magia.
Ecco, forse la magia ed il cortello di perro sono il vero cuore capace di far pulsare le vite che ci vengono raccontate.
E grande merito a Hue per la sua capacità di muovere la macchina da presa andando a cercare sempre inquadrature difficili, sporche, malamente tagliate e forse per questo decisamente affascinanti.
Inquietante la sequenza nel mattatoio dove viene mostrato tutto quello che c’è da vedere (come del resto succede in tutto il film).
Carne viva partecipa al Premio Cult e se dovessi votare io…