Appena visto un film della Pixar capita di discuterne e di mettersi subito a fare la classifica. Anche questo decimo lungometraggio non fa eccezione. Anzi proprio adesso che siamo arrivati a 10 diventa d’obbligo, e non sarà facile, per ogni appassionato fare la TopTen da 1 a 10 dei propri titoli della casa che ha fondato l’animazione digitale e l’ha resa un genere di prima grandezza.
Queste classifiche sono un gioco, certo, però nello specifico indicano una caratteristica unica dei film Pixar: quella di essere un genere a parte, film che si possono confrontare prima di tutto e spesso soltanto tra di loro. E il carattere distintivo di questo genere non è tanto la tecnica, che pochi percepiscono a livello conscio e valorizzano nel confronto con altri titoli d’animazione, quanto la capacità delle storie di essere uniche, originali, fuori dall’ordinario se non straordinarie, pur richiamando valori e sentimenti comuni. La tecnica è al servizio di queste storie e dei sentimenti che raccontano.
Amiamo i film Pixar perché ci fanno prendere il volo, nel caso di Up poi questo è vero in senso letterale, verso un mondo migliore, che eredita alcuni dei tratti migliori proprio di quella tradizione Disney oggi tanto e troppo criticata per un buonismo che molti vogliono rinnegare, credo per motivi che in realtà non hanno nulla a che vedere col fatto che, in un mondo migliore, staremmo tutti meglio.
Intanto è il mondo che vorremmo per i nostri bambini, anche se nel concreto siamo troppo spesso in debito col presente per pensare che gli lasceremo qualcosa di meglio di quanto abbiamo avuto noi, ma è anche il mondo in cui vorremmo invecchiare, come capita a Carl ed Allie nella splendida sequenza che ci racconta tutta la vita del primo protagonista del film, l’anziano Carl Fredricksen.
Come con Wall-e solo la Pixar poteva prendere un vecchietto dall’aria scontrosa, chiuso in se stesso, e farne un eroe da action movie, liberando l’incredibile energia compressa in un personaggio inizialmente squadrato e piatto, che miracolosamente cresce e si sviluppa in ogni dimensione caratteriale, narrativa e visiva, qui arricchita da un uso del 3D totalmente al servizio delle emozioni.
Per riprendere il filo del discorso e cercare di fare quello che di solito tento di fare su questo blog non so ancora quale posto nella mia classifica speciale dei titoli Pixar occuperà Up (anche se so che dall’11 ne farò una nuova). Uscito dal cinema con quella sensazione di armonia che solo gli ottimi film sanno mettere non l’ho sentito come un titolo in grado di prendere la vetta della classifica, ma durante la visione (la prima, perché come sempre ne seguiranno altre per farsi un’idea) ho trovato tanti, incredibili, momenti che hanno preso subito posto nel mio cuore.
L’incontro di Carl con Allie, preambolo dell’intrecciarsi della storia di due vite è la parte più toccante del film, quella più adulta ma insieme sognante, che affronta con leggerezza temi molto impegnativi e ci lascia esattamente nello stato d’animo in cui si viene a trovare una persona che ha perso l’amore di una vita intera, quello con cui ha toccato la felicità pur tra difficoltà e rinunce.
Visto questo, il momento più difficile da capire se siete andati al cinema con un bambino piccolo, il film cambia totalmente registro. La nostalgia, certo, resta, ma piano piano si trasforma da zavorra a forza vitale in grado di ridare vita all’anziano protagonista, anche grazie all’avventura che si troverà a vivere col piccolo Russel, una versione tondeggiante, con problemi moderni, del piccolo Carl che abbiamo appena conosciuto all’inizio del film.
Ricco d’azione, di omaggi, di gag dolcissime e divertimento il film diventa quindi un perfetto esempio di quell’action-comico che si è dimostrato la formula perfetta per intrattenere al cinema bambini e genitori, insieme, in un esperienza che sa essere insieme passatempo ma anche un momento di crescita, senza però il piglio di chi vuole impartire lezioni di vita a nessuno.
Immagino che anche questa volta, come in altre occasioni, ci sarà chi dirà che Up non è un film per bambini piccoli, ma in questo caso non sono per niente d’accordo. Era molto più complesso introdurre Wall-e, qui non c’è niente che un paio di risposte non possano risolvere, e quanto accade nella prima parte del film non viene metabolizzato immediatamente, come accadeva per Nemo ad esempio, ma solo successivamente, con estrema dolcezza.
Up è per tutti e mi sento di raccomandarne la visione in 3D non perché ci siano trucchi che vi stupiranno uscendo dallo schermo, ma perché qui la profondità è davvero al servizio del racconto, delle emozioni che il film regalerà a voi e ai vostri giovani accompagnatori. Non lo ricorderete forse con l’intensità di altri titoli Pixar, ma lo ricorderete fino alla veneranda età di Carl e oltre.
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