Chi sentiva il bisogno di questo film?
Questa è la prima domanda che mi pongo quando vedo un film, e troppo spesso la mia risposta che mi do è: nessuno.
Questa volta no. Questa volta è diverso: alla domanda “Chi sentiva il bisogno di questo film”, oggi posso rispondere: Io, ma ancora non lo sapevo.
Sono entrata in sala con dubbi e paura, che qualcuno rovinasse qualcosa, che film mi deludesse o semplicemente risultasse, alla luce degli eventi, melenso.
La realtà non è questa. La realtà di quando si abbassano le luci è che vieni rapito; si, rapito.
Rapito dal combinato disposto di musica, immagine e movimento. Non c’è cosa che ami di più se non vedere il perfetto sync tra queste arti. E, qui, è così: semplicemente perfetto.
Le immagini scorrono, la musica pulsa e si respira ritmo ovunque . Ogni gesto, ogni mossa, ogni mano vibra al bit giusto. E tu senti di stare là, ti dimentichi che fuori c’è un mondo e l’unica cosa che vorresti è riuscire a mantenere quella sensazione più a lungo possibile.
E non appena la camera inquadra quei mocassini neri, con le calze bianche – unico uomo a cui sia mai stato concesso di indossare calzini bianchi! – capisci che quello che ti sta regalando il film è una parte della tua vita. Te la ridà indietro, come se il tempo si fosse fermato.
Le emozioni ti avvolgono, ti trascinano e si passa dalla voglia immensa di ballare, di sentirsi parte di quel gruppo, ai brividi che si provano ascoltando al sua voce fragile, che è poesia per le tue orecchie.
Guardando al team che lo circonda si percepiscono sentimenti quali timore e allo stesso tempo devozione, ma soprattutto la paura nel parlare a Michael. Una paura superiore a quella che una madre ha nei confronti di un neonato. La paura di urtare la sensibilità di un persona più fragile del cristallo,di un bambino puro.
E non a caso la scena che ricordo con più pathos è proprio quella in cui, sulle note di Human Nature, la bambina sta per essere schiacciata dalla ruspa. Bambina che, in montaggio strepitoso, si fonde in lui; diventa lui.
E i ballerini, che dire di loro, e delle coreografie. Sono davvero, come dicono all’inizio del film, emanazioni di Michael. Grandissimi, bravissimi.
E lui è il Re, il regista del tutto, perche… “MJ non lo freghi”. Sa quello che vuole e sa come ottenerlo. Gli è sufficiente socchiudere la bocca e sussurrare due frasi che tutti ascoltano, come se fosse la parola del Messia.
Il tutto è montato con un tempismo, nel passare dalle scene delle prove a quelle che sarebbero dovute essere lo spettacolo, a dir poco disarmante.
Questo film è energia pura. Questo film è Michael, nella sua essenza più profonda. Un MJ, che forse sospettavo da bambina e che, però, allora mi sfuggiva e di cui adesso ho certezza: pura magia.
Le foto che trovate qui sono niente rispetto a quello che vedrete…