Nemico Pubblico, la recensione in anteprima

Nemico Pubblico, la recensione in anteprima

Di Gabriele Niola

Public EnemiesRegia: Michael Mann
Cast: Johnny Christopher Depp, Channing Tatum, Stephen Graham, Christian Bale, Leelee Sobieski, Giovanni Ribisi, Billy Crudup, Marion Cotillard
Durata: 243 minuti
Anno: 2009

Sembra che da Insider in poi Michael Mann non racconti più storie di eroi nè storie dove non c’è più spazio per eroi (come si è soliti fare nel post-Peckinpah e come fa sempre Eastwood), sembra al contrario che i suoi personaggi siano dei non-eroi che però non si rassegnano e cercano con tutte le loro forze di essere tali.

E così anche Dillinger non riesce ad essere la figura epica che desidererebbe e tutta la tensione filmica sta in questo tentativo di essere superiore a se stesso.
Dall’altra parte ovviamente la legge, cioè il male. Mann non si vergogna di prendere posizioni chiare al limite del manicheo nel descrivere John Dillinger come il Robin Hood delle leggende metropolitane e Melvin Purvis (ma anche J. Edgar Hoover e tutto il nascente FBI) come ignoranti e violenti paesani, inadeguati e assetati di gloria tanto da permettersi tutto quando non si tratta di palesi errori. Che poi in un periodo di crisi si può leggere tutto come un attacco alle banche, ma non è quello il punto, almeno non sembra.
Come non sembra il punto nemmeno il consueto scontro di intelligenze e abilità come era in Heat. Sceriffo e bandito non sono così strettamente correlati come si poteva immaginare e il film non è molto sulla loro speculare rincorsa, quanto proprio su John Dillinger e la sua tensione verso la grandiosità, verso il mito. Non a caso alla fine la sequenza nel cinema, davanti a Gable sembra dare una chiara chiusa a tutto quanto.

Ma c’è molto di più. Come tutti i suoi film da Collateral in poi anche Nemico Pubblico è girato in digitale non finalizzato, il che significa in pratica che sembra girato con una videocamera amatoriale. Non è così ovviamente ma l’effetto che danno le luci d’ambiente (comunque scarse) e quel tipo di digitale è lo stesso effetto dei filmini casalinghi. Non si tratta di scarsa qualità ma solo del fatto che siamo abituati a percepire quel tipo di immagini in quella maniera.
Il concetto è che anche Mann come molti (ma pure prima di molti) si chiede come il cinema, che per decenni ha avuto il primato delle immagini in movimento, può rapportarsi a tutte le altre forme di “video” che specie negli ultimi anni stanno prendendo il dominio nell’esperienza mediale di tutti. Le immagini di YouTube, della televisione, dei circuito chiuso e quant’altro vengono viste molto di più dei film, ci influenzano e sono il nostro mondo più della pellicola tradizionale.
La risposta che cerca è nel realismo, alle immagini digitali non finalizzate infatti accompagna già da Miami Vice anche un comparto sonoro particolarmente iperreale, lo si nota nelle sparatorie (e infatti la sequenza di notte nel bosco è di gran lunga la migliore del film e io spero che influenzi e molto gli altri), lo si nota nelle luci non artificiali che illuminano le sequenze notturne e in come faccia davvero altre cose con la videocamera piazzandola in punti dove non arriverebbe con altre macchine.

Michael Mann con il suo digitale inserisce i personaggi e le atmosfere tipiche del cinema nel realismo delle immagini digitali. E più va verso una messa in scena iperreale, più adotta atmosfere rarefatte (si veda la scena di Dillinger al commissariato).
Nemico Pubblico è un film davvero molto bello e importante. Ma non piacerà.

Sperimentazioni audaci o masturbazioni d’autore? Atmosfere rarefatte o noia? Michael Mann va sempre di più in una direzione, ma è quella che ci piace? Qui le altre recensioni

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