Venezia: il “signor nessuno” di Jaco Van Dormael divide la critica

Pubblicato il 12 settembre 2009 di Marco Triolo

Vorrei tentare un’operazione un po’ particolare, con questo post. Non una recensione in senso stretto, ma una sorta di discorso che comprenda anche ciò che è stato detto dal cast e dal regista di Mr. Nobody durante la conferenza stampa del film.

Parto dicendolo fuori dai denti: Mr. Nobody non mi è piaciuto, e la cosa brucia ancora di più perché ho trovato i primi 20 minuti eccezionali. Ma poi il racconto inizia a girare su sé stesso, e perde completamente la bussola a causa di una eccessiva sovrapposizione di realtà, e di troppe, troppe trovate visive. Che poi, anche il termine “trovate” mi sembra esagerato: sì, Jaco Van Dormael sa come mettere insieme un’inquadratura degna di questo nome, controllata, studiata perfettamente nei minimi dettagli di colore, posizionamento delle figure, ecc. Ma tutto sa di già visto, e ogni buona idea è immancabilmente presa da un altro film.

Mr. Nobody, tanto per chiarire, parla di Nemo Nobody (Jared Leto), che nel 2092 è l’ultimo uomo mortale in un mondo in cui la “tellurizzazione” (o qualcosa del genere) permette il rinnovamento continuo delle cellule e di fatto ha garantito l’immortalità. Nemo racconta la storia della sua vita a un cronista, ma anziché un racconto lineare, quest’ultimo si ritrova ad ascoltare la cronaca di diverse realtà parallele, strade che Nemo avrebbe potuto imboccare cambiando per sempre la propria vita. Tre mogli, svariati figli, e alcuni vicoli ciechi che l’hanno portato alla morte. Ma quale delle storie è quella vera? Beh, come dice Nemo stesso, “tutte lo sono”.

Il problema del film è che, dopo appunto un inizio fantastico, onirico, esaltante, che ti fa sperare in un nuovo cult per il prossimo decennio, tutto si aggroviglia e Van Dormael non riesce a gestire una balenottera che inanella anche troppe trovate, seguendo una sorta di “flusso di coscienza” che non si arresta mai quando dovrebbe, ma va sempre un po’ troppo in là. E poi, come ho detto, “prende in prestito” idee da Sliding Doors, Amelie, The Butterfly Effect, Benjamin Button e Strade perdute. E tanti altri che non riesco bene a inquadrare. In definitiva, non si capisce dove Van Dormael voglia andare a parare, e non si comprende il tema, o il messaggio. Il film non lascia nulla.

La sensazione di essere stati presi per i fondelli si acuisce a causa di una conferenza stampa in cui praticamente il cast non dice nulla. Niente. Jared Leto arriva con gli occhiali da sole addosso, un’aria da fattone, e dice solo quelle due tre robe canoniche che si sarà preparato davanti allo specchio. Tipo: “Jaco ha una grande abilità di connettersi alle persone. Il modo in cui lavora con gli attori è stato uno dei piaceri che ho provato durante la lavorazione del film”. A questo punto un giornalista chiede a Leto: “come scegli le parti e come riesci a cambiare così tanto per i ruoli?”. Si sa infatti che Leto è un trasformista, di quelli che ingrassano e dimagriscono a comando. E lui: “io sono una persona confusa. Ma diciamo che la parte ha scelto me, grazie a un bellissimo script e alla presenza di Jaco, che è uno dei più grandi registi al mondo”. Ecco, una persona confusa, appunto. Almeno è stato sincero.

Non è da meno Sarah Polley, che se ne esce con “Jaco crea un ambiente fantastico durante le riprese. Ti senti libero di esporti come attore, e ti fidi ciecamente di lui. Se la gente viene trattata bene, è capace di fare tutto per te”. Sì, vabbè, ok. Ma vogliamo dire qualcosa che non sia tratto dal “Manuale delle conferenze stampa”?

E finalmente Van Dormael la spara: “Il film è un’opera d’arte collettiva. Mi piace lavorare con grandi persone che abbiano grandi idee. Come regista, cerco di evitare ciò che mi fa paura e cercare quello che mi da piacere”. E meno male che non cerca di dare uninterpretazione univoca del suo film: “Più divento vecchio e più ho domande. Questo film è dunque sul dubbio, perché nella vita è difficile trovare risposte e significati”. Ed ecco che se ne va L’UNICO argomento interessante di tutta la conferenza. Beh, almeno mi consolo, perché se non altro ho visto Diane Kruger dal vivo.

Mr. Nobody è un film che potrebbe anche piacervi, qui c’è stata gente che lo ha amato. Ma se avete visto più di tre film nella vostra vita, vi renderete conto che non aggiunge molto all’evoluzione del cinema. Il che non sarebbe nemmeno un problema se la pellicola fosse piacevole, ma non lo è: è lunga, incasinata e fa venire il mal di testa. Ma senza un motivo preciso: solo perché è fico fare gli artisti snob. Caratteristica che, a quanto appare dalla conferenza, si addice perfettamente al regista che ha firmato questo “falso capolavoro”.

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