Regia: Emilio Martínez Lázaro
Cast: Pilar López de Ayala, Verónica Sánchez, Gabriella Pession, Marta Etura, Nadia de Santiago, Teresa Hurtado de Ory, Bárbara Lennie, Alba Alonso, Cèlia Pastor, Silvia Mir
Durata: 120 minuti
Anno: 2007
Arriva stranamente da noi un film di ben due anni fa spagnolo che racconta una storia spagnola per un pubblico spagnolo e che lo fa anche discretamente male.
Nonostante si parli di guerra, resistenza al fascismo e spirito comunitario lo stesso Le 13 Rose già dalla trama e dal trailer non sembra un film che possa attecchire nei cinema italiani, la visione poi conferma ogni pregiudizio e semmai lo inasprisce.
Le 13 Rose infatti è un prodotto paratelevisivo trasferito su un grande schermo, un grande affresco solo a parole che manca totalmente l’appuntamento con lo stile cinematografico e che si prefigge di commuovere e coinvolgere in ogni scena senza cercare mai una via personale.
L’impressione che se ne ricava è quella della recita teatrale della scuola elementare dove il didascalismo scolastico, la volontà delle maestre di far vedere che i bambini hanno imparato nozioni di storia e l’esigenza di raccontare una storia nonostante i bambini non recitino bene fa sì che in ogni battuta è spiegato tutto. Sono spiegati i sentimenti, sono spiegate le azioni (anche quelle che si vedono su schermo), è spiegato il contesto storico e in alcuni casi anche ciò che accadrà. Il tutto con l’ovvio effetto antinaturalistico che si può immaginare.
Frutto di una insicurezza nel raccontare o forse di una volontà di semplificare, lo stesso il risultato è povero ed impoverisce un film troppo lungo (120 minuti che sembrano 150) e privo di vero coinvolgimento.
Se si piange in ogni scena, dall’inizio, queste lacrime non contano più nulla ben presto. Se si usano i cambi di registro per dare spessore al film ma senza un pensiero dietro si infastidisce solo lo spettatore (la vita nel carcere femminile diventa di colpo gioiosa e scherzosa). Alla fine quindi anche i tentativi più raffinati, come quello di non dipingere tutte le figure a senso unico si perdono nel mare delle ovvietà del film e non sono mai portate avanti con vera determinazione.
Drammi storici e drammi personali. Generale e particolare. Questa formula funziona ancora per raccontare orrori e storie con cui il pubblico del cinema ha ormai confidenza? Qui le altre critiche