Sette scene, poco più di 20 minuti. Dopo Amsterdam e il ComicCon anche a Roma ho avuto l’occasione di ammirare le prime immagini di Avatar, l’attesissimo nuovo film di James Cameron in uscita il prossimo 18 dicembre in tutto il mondo.
Sono uscito dalla proiezione realmente emozionato e meravigliato ben oltre le aspettative che erano già molto alte.
Tecnicamente è fin da qui evidente che Cameron sta sia definendo il canone espressivo del cinema 3D, sia spostando in avanti il confine di quello che si può realizzare con la CGI oggi. Mai fino ad ora avevo visto un’interpretazione così autenticamente umana nel volto di una creatura generata al computer e un’interazione così naturale e fluida, dal confine impercettibile, tra “realtà” e “finzione”. Anzi, con Avatar il confine non esiste più, così come la storia, si intuisce, è capace di abbattere il confine tra corpo e anima.
Sulle qualità tecniche del film, però, sono davvero in pochi ad avere dei dubbi. Dove molti temono che Avatar possa fallire è nel recuperare il grandioso budget di produzione di un film che, alla fine, è un kolossal fantascientifico e sappiamo bene tutti, soprattutto in Italia, quanto la fantascienza stenti a portare al cinema il grandissimo pubblico, quello dei numeri a nove zeri.
Io, pur dopo questi pochi minuti, mi sento in tutta tranquillità di gettare il cuore oltre l’ostacolo e dirmi convinto che con questo film Cameron riuscirà a portare al cinema anche il pubblico di Titanic, quello appassionato dai grandi racconti epici e, soprattutto dalle grandi storie d’amore.
La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad un Alien che incontra Titanic e si lascia tutto alle spalle, tanto lontano quanto lo è dalla terra Pandora, il pianeta dove Jake Sully incontra Neytiri.
In questi 20 minuti, che sono poi tutti tratti dalla prima parte del film, non c’è una nota stonata o scontata, ma soprattutto, sequenza dopo sequenza, c’è una capacità di emozionare che, amplificata dalla storia, può portare davvero oltre le stelle.