Up: Screenweek incontra il team Pixar!

Pubblicato il 13 maggio 2009 di peter

In occasione della premiere del nuovo film Pixar, abbiamo incontrato il produttore John Lasseter e il regista Pete Docter. Ecco a seguire i loro commenti sul film, sul 3D e tanto altro…

Vi ricordiamo, intanto, che qui potrete leggere la nostra anteprima del film che abbiamo visto al Festival di Cannes

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John Lasseter – Produttore

Anche Up, come gli altri 9 lungometraggi che avete realizzato, e’ un capolavoro. Qual e’ il vostro segreto?
Tutti i nostri film vengono sempre dal cuore dei nostri cineasti. Le storie vengono suscitate dalle loro sensazioni e a volte anche le loro esperienze personali. La cosa più difficile alla Pixar è trovare il cuore del film. Up e’ proprio così: un film insolito che pero ha tanto cuore.

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Come si e’ trovato a lavorare col 3D?
In realtà ci avevo già provato con il corto Knick Knack, ma all’epoca c’erano pochissime sale e nessuno l’avrebbe mai visto. Penso che il 3D serva a catturare ancora di più l’attenzione dell’audience. Abbiamo subito capito che la cosa piu importante da fare era non distrarre il nostro pubblico.

Nell’era del 3D, come vede il futuro dell’animazione?
L’animazione e’ un’arte che potrebbe anche durare per sempre. Una volta Steve Jobs mi disse: “I Mac che produco hanno un ciclo di vita di 3-5 anni, i tuoi film, se li fai davvero bene possono durare per sempre”. Per me, il segreto per fare un buon film è sapere sempre quello che il nostro personaggio sta pensando. Se ci riesci, allora riuscirai a comunicare emotivamente col pubblico.

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Pete Docter – Co-regista di Up

Ci racconti come siete riusciti a trovare una nuova geniale idea…
Eravamo al lavoro su nuove idee e d’un tratto abbiamo pensato a un uomo anziano. Volevamo un personaggio non troppo utilizzato come protagonista nei film d’animazione. Quando abbiamo pensato a questo vecchio burbero con i palloncini in mano, abbiamo capito di aver trovato il protagonista di un nuovo film.

Qual e’ stato il suo approccio al 3D?
All’inizio il 3D era soltanto un nuovo giocattolo, presto ci siamo chiesti come poterlo integrare in termini di storytelling. Siamo riusciti ad utilizzarlo come fattore emotivo: ad esempio quando Carl e’ da solo in casa e’ un momento triste, quindi abbiamo fatto un uso delicato del 3D. Quando, invece, lo vediamo volare allora era il momento di darci dentro e andare in profondità con la nuova tecnologia.

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Ci racconti qual e’ stato il personaggio piu’ difficile da realizzare…
Direi che il personaggio più difficile è stato proprio Carl Fredricksen: alla Pixar chiamiamo questo procedimento Simplexity (da Simple e Complexity): all’inizio sembra facile, ma più ti avvicini al personaggio, più; ti accorgi che ci sono tanti altri strati: le rughe, le espressioni, la barba. Per alcuni animatori, creare il mento di Carl e’ stato un vero incubo! Tantissimo lavoro: ci abbiamo messo quattro anni a realizzare il film!

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