Regia: Steven Soderbergh
Cast: Benicio Del Toro, Lou Diamond Phillips, Catalina Sandino Moreno, Demián Bichir, Rodrigo Santoro
Durata: 130 minuti
Anno: 2009
Soderbergh si è imbarcato in una vera e propria impresa. Ha deciso di fare IL FILM definitivo su Ernesto Guevara. Raccontare l’uomo e il suo pensiero attraverso la quotidianità delle sue gesta più importanti e contemporaneamente raccontare un pezzo di storia del continente americano che intreccia società, politica e costume.
Che quindi deve e vuole essere un’opera magniloquente e immensa, dura infatti 4 ore e 20 ma per gentilezza Soderbergh ce l’ha diviso in due film da 2 ore e 10, non lesina in dettagli, documentazione della vita quotidiana di un rivoluzionario nell’esercizio delle sue funzioni e in ogni momento inneggia al socialismo rivoluzionario.
Il racconto si basa su “Diario della Rivoluzione Cubana” dello stesso Guevara ed è tutto orchestrato tra il 1964, anno in cui il Che arriva in America per parlare alle Nazioni Unite ed è sottoposto ad una lunga e importante intervista e poi il passato dei giorni in cui fu presa L’Havana a Batista assieme a Fidel.
Non lesina in minuzia Soderbergh che mostra tutto, dalla scelta delle divise ai turni di notte, dal reclutamento dei contadini alle discussioni sulle gerarchie interne all’esercito rivoluzionario. Nè tantomeno lesina in fotografia che come sempre nei suoi film è curatissima sia nella patina, che nei colori, che nella composizione delle inquadrature.
Il periodo in cui il comunismo è al potere e Guevara parla alle Nazioni Unite, cioè quello più tranquillo, è fotografato con un bianco e nero a grana grossa, alto contrasto e molta cura nel riprendere tutto da vicinissimo, mentre il periodo delle battaglie è fotografato a colori con grande pulizia e ampio respiro. Questo per dare un’idea di quale tipo di idee e meticolosità siano state messe in campo.
Ciò che manca totalmente però non è solo una visione critica (Guevara è buonissimo e i rivoluzionari tutti bravissimi, pieni di etica, senso del sacrifico, coraggio e bontà), ma anche una visione interessante ed emotiva della faccenda. Anche accettando l’idea dell’indagine sui meccanismi di attuazione politica lo stesso il film non coinvolge. E soprattutto annoia. Chi mai, superata la visione di questa prima parte, si avventurerà anche nella seconda?
I personaggi si dicono frasi emblematiche che predicono quello che lo spettatore sa essere il loro futuro e ogni cosa ha il tono epico senza mai essere davvero epica.
Il punto è che come spesso gli accade Soderbergh mette in scena la sua vasta conoscenza della storia e della tecnica del cinema, ma in lui questo non è mai un pregio e sempre un difetto poichè non lo usa per creare senso ma per far sembrare i suoi film migliori di quello che sono.
La figura del Che è così forte da sopravvivere al “trattamento Soderbergh”? I seguaci dell’idolo delle magliette saranno soddisfatti lo stesso? Qui il resto della critica.