Roman Polanski vuole tornare a casa

Roman Polanski vuole tornare a casa

Di Marco Triolo

Ne ha passate fin troppe nella sua vita, Roman Polanski: è stato strappato alla sua famiglia nella Polonia occupata dai nazisti, è fuggito per miracolo dal ghetto di Varsavia, ha perso la madre ad Auschwitz e dopo tutto questo, la moglie gli è stata assassinata da Charles Manson. Non ci si stupisce che uno poi esca un po’ di testa e faccia sesso con una tredicenne.

Peraltro la cosa rimane enigmatica: Polanski si dichiarò colpevole e fuggì in Europa prima della sentenza. La sua presunta vittima oggi “lo perdona”, quindi tutto fa pensare che la cosa sia davvero successa. Ma le accuse di “violenza sessuale” furono subito ritirate, e Polanski fu condannato per aver fatto “sesso con una minorenne”. Per quanto ingiustificabile a livello morale e umano, bisogna tenere presente quanto la vita di Polanski fosse stata tumultuosa fino a quel momento, e anche esaminare le vere intenzioni del giudice che emise la condanna: amore per la giustizia o desiderio di farsi pubblicità?

Questa è la domanda che si pone il documentario Roman Polanski: Wanted and Desired, che ricostruisce, attraverso filmati di repertorio, spezzoni dei film del regista, e interviste fatte oggi a chi allora fu coivolto negli avvenimenti – avvocati, amici e colleghi di Polanski e la stessa vittima – l’anno del processo. Un anno in cui il regista di Chinatown fu sotto l’onnipresente occhio dei media e oggetto, secondo i suoi avvocati, di “una condotta negativa e una comunicazione impropria tra la Corte e l’ufficio del Procuratore Distrettuale, in violazione della legge e senza che l’imputato e i suoi legali ne fossero a conoscenza. Questo caso serve da classico esempio di come il nostro sistema di giustizia possa essere manipolato, e i diritti dell’imputato capestati, da un’alleanza sciagurata tra le corti e prosecutori criminali”.

Ora, dopo l’uscita del documentario, presentato anche a Torino, Polanski ha chiesto che le accuse nei suoi confronti siano lasciate cadere. Il regista è stato in esilio in Francia per trent’anni, non potendo nemmeno tornare in Inghilterra per evitare l’estradizione. Per quanto il suo crimine sia deprecabile, trent’anni di esilio forse sono un prezzo sufficiente. O forse no?

(Fonte: Cinema Blend)

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