La 25a ora (25th Hour, Usa 2002 – Drammatico; 134′) di Spike Lee con Edward Norton, Philip Seymour Hoffman, Barry Pepper, Rosario Dawson, Anna Paquin, Brian Cox.
L’ultimo giorno di libertà di Monty Brogan, prima che venga rinchiuso in prigione per sette anni per spaccio di droga, passato a vagare per i quartieri di New York col “trovatello” Doyle, a dare l’addio alle persone care – amici, ragazza e padre – e ad ammettere le proprie responsabilità.
“Quando mi chiedono di cosa parla La 25a ora, gli spiego che Edward Norton è uno spacciatore che trascorre le sue ultime 24 ore in una New York post-11 settembre” ha confessato Lee, anche se la sceneggiatura, poi modificata con l’aggiunta di alcune scene e di dialoghi, era già pronta prima di quella data: capolavoro annunciato, il film non mantiene certo tutte le premesse, ma – attori esclusivamente bianchi, produzione disneyana e stile pacato – segna un’evidente svolta nell’itinerario cinematografico del regista afroamericano. Lasciando sullo sfondo personaggi poco interessanti perché in realtà irrisolti e adottando un ritmo non sempre ben distribuito, Lee si concentra su Monty, anima in pena che incarna perfettamente un’America nata dal sangue, l’odio e la paura, ferita al cuore e nell’orgoglio, vittima anche e soprattutto delle sue stesse colpe (emblematico il bellissimo spunto per cui Monty si fa picchiare dall’amico prima di entrare in prigione), ma ancora capace – tipico dell’animo statunitense – di sussulti vitali e di guardare positivamente in avanti, come lo struggente finale alternativo suggerisce: così, un dramma intimista narrato con distacco e freddezza (fotografia al neon, montaggio spezzettato e immagini più volte ritardate o duplicate ad aumentare la nostalgia malinconica dell’abbandono) si trasforma in esplicita metafora di un paese che tiene alto il senso della sopravvivenza e in un canto d’amore/odio verso una città, una mentalità, un essere (al celebre monologo arrabbiato di Monty – da vedere assolutamente in originale per essere apprezzato nella sua forza blasfema – si contrappone il lirismo delle traumatiche immagini di Ground Zero, e il tragico vuoto legato a esse, o i titoli di testa in cui fasci di luce caravaggesca sostituiscono il volume delle Twin Towers). E, sulla colonna sonora idilliaca di Terence Blanchard che, come tutto il film, rischia la retorica senza per questo avvicinarcisi minimamente, non resta che sperare nel tempo della vita normale, dove i padri allevano con amore i figli e dove la pace è possibile: la 25esima ora del titolo, appunto, che forse nemmeno esiste ma che sarebbe possibile, se volessimo, farla concretizzare. Tra i produttori, oltre a Lee, anche Tobey Maguire.