Regia: Christopher Rowley
Cast: Joan Allen, Christine Baranski, Jessica Phyllis Lange, Tom Skerritt, Kathy Bates
Durata: 104 minuti
Anno: 2008
Se esiste un cinema giovanilistico che si fa forza su facili stereotipi e un basso spirito di identificazione per mettere in scena la glorificazione della normalità adolescenziale (se non spesso delle sue parti più mediocri e quindi più bisognose di legittimazione mitica), allora deve esistere anche un corrispettivo per il pubblico più anziano, quello over 60.
Quello che Resta di Mio Marito è un Thelma & Louise della terza età, segmento che negli Stati Uniti è molto affamato di racconti e narrazioni che ne esaltino le virtù e l’inarrestabile vitalità. Fatto sta che Quel Che Resta Di Mio Marito mostra un mondo positivo visto dagli occhi di una persona anziana (impagabile la figura del ragazzo che incontrano: un ribelle con lo skate e l’ipod ma in fondo un po’ un nipote ideale), irrimediabilmente cambiato ma in fondo ancora colmo di opportunità (non a caso c’è l’elemento casinò da tempo terra di conquista dei nonni). Un’America del grande sogno e dei grandi spazi degli anni ’60, totalmente priva di un’identità moderna ma preda di un retaggio da cinema addirittura antecendente a quegli anni.
Trasgressione da tinello e corteggiamenti tra vedove e vedovi ancora arzilli si susseguono mentre le tre amiche (prevedibilmente di caratteri complementari) attraversano il paese su una decappottabile, concedendosi deviazioni e improvvisazioni all’acqua di rose, versione ripulita di tutte le esperienze formative che da sempre sono l’essenza del road movie.
Certo alla fine anche le tre amiche di Quel Che Resta Di Mio Marito avranno imparato di più su se stesse (alla buon’ora!), ma l’impressione è proprio che si tratti di una grottesca formazione in extremis, forzata in tutti i sensi per compiacere il proprio pubblico. Sempre che si accontenti di vedere la propria età celebrata attraverso una grottesca imitazione di un’altra età.