Speed Racer, la recensione in anteprima

Speed Racer, la recensione in anteprima

Di Gabriele Niola

Regia: Andy Wachowski, Larry Wachowski
Cast: Emile Hirsch, Susan Sarandon, John Goodman, Christina Ricci, Matthew Fox, Hiroyuki Sanada, Ji Hoon Jung, Richard Roundtree, Roger Allam, Benno Fürmann
Durata: 135 minuti
Anno: 2008

Dopo un fumetto (V For Vendetta) un altro fumetto più noto come serie animata, i fratelli Wachowsky non cambiano genere ma cambiano totalmente modo di mettere in scena tentando di battere nuove strade per tradurre in lungometraggio live action la serialità animata.

La prima cosa più evidente di Speed Racer è la scelta di una dimensione dai colori modificati al computer per essere più saturi del saturo, vicini per l’appunto ai colori dell’animazione (anche le musiche di Giacchino sono molto simili a quelle d’epoca della serie animata), la seconda sempre abbastanza evidente è mutuare recitazione, movimenti degli attori e scene dall’azione tipica dei cartoni (botta in testa, facce, smorfie ecc. ecc.) e la terza più delicata è il modo in cui è messa in scena l’azione.

Le novità sarebbero un montaggio che ossessivamente propone le transizioni attraverso lo scorrimento dei volti dei protagonisti, la continua presenza di sfondi fasulli (ottenuti con greenscreen come si vede nella foto centrale) e una messa in scena fatta praticamente di soli primi piani. Una dimensione visiva che a me comunque ha convinto.
In più poi c’è tutto il comparto effetti speciali, o meglio: resa visiva degli effetti speciali. In questo caso la novità non si conta nell’ordine di tecniche nuove dunque ma come detto in un diverso approccio all’azione. Le gare di macchine sono il cuore di Speed Racer, parlare della trama e di come è raccontata sarebbe veramente superfluo e inutile, il film è apertamente destinato alle famiglie e dunque cerca il divertimento nella spettacolarità, e la spettacolarità qui sta nelle gare. Infatti per tutta la parte centrale si avverte una certa stanchezza e lunghezza (nonostante il film duri due ore).

L’estetica è a metà tra il cartone (moltissimo di come le macchine sono rappresentate specialmente nella rifrazione delle luci, nel senso della velocità e nel colore dei metalli viene da Cars come si vede nella foto a sinistra) e il videogioco, ma non quel concetto stupido per il quale ciò che è banalmente velocizzato o montato rapidamente è da videogioco, quando dico estetica da videogioco intendo che molte cose sono proprio soluzioni che provengono dai videogame.

Un esempio per tutti: nella prima e decisamente più bella sequenza del film la storia dei personaggi è raccontata con continui salti avanti e indietro su diversi piani temporali. C’è la gara che si disputa nel presente, un’altra gara disputata nel medesimo circuito anni fa dal fratello dell’attuale pilota e la storia dell’infanzia e della formazione del protagonista.
Il ritmo è molto alto e il racconto della trama (cioè il riassunto delle vite dei protagonisti fino al tempo presente) è continuamente ritmato e contrappuntato dalle sequenze vertiginose di gara, ma oltre a questo, per parlare anche del rapporto che il protagonista (alla guida) ha con il fratello (che corse la medesima gara anni prima segnando il record del circuito), i Wachowsky prendono in prestito il concetto di “ghost”, cioè una soluzione che nei videogiochi di auto (da Mario Kart in poi) è la regola: quando si gareggia da soli per segnare il miglior tempo su un circuito il computer visualizza anche (come fosse un’altra auto in gara) il fantasma della prestazione record di quel percorso, in modo da poter sempre vedere se si è avanti o indietro rispetto a se stessi.

Ecco nel film mentre vediamo il protagonista correre oltre il limite del possibile sul circuito c’è sempre (un po’ scolorito ed evanescente come fosse un fantasma) anche l’immagine dell’auto del fratello morto, questo regala allo spettatore la tensione interiore del sapere che il protagonista è lì lì per battere il record del fratello in un confronto che nella realtà del film non è diretto ma che lo è nella mente di chi guida. Una soluzione visiva di impatto immediato anche per chi non ha mai giocato ai videogioco, estremamente comunicativa ma non certo originale.

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