Quando è stato annunciato ad Alan Moore che la Warner Bros aveva intenzione di realizzare un adattamento cinematografico di WATCHMEN, la sua opera più famosa, l’autore britannico si è notevolmente, diciamo così, risentito; in un’intervista rilasciata ad una rivista specialistica, Moore ha pubblicamente preso le distanze dal film dichiarando di non voler nemmeno apparire nei titoli di testa come creatore della serie.
Gli amanti della coerenza si ricorderanno che lo stesso ha fatto qualche anno prima con un altro film ispirato alle sue opere, quel V per Vendetta dei F.lli Kowalsky, per il quale si è talmente infuriato da arrivare addirittura a troncare i rapporti col colosso americano DC Comics, la celebre casa editrice di Superman e Batman che detiene i diritti dell’opera insieme, naturalmente, a quelli del famigerato Watchmen. Ma tanta avversione non deve stupire, e non è solo l’orgoglioso capriccio di un autore eccentrico: molto probabilmente, Moore non ha davvero alcun interesse a far uscire un film tratto dai suoi “fumetti”, perché Moore – molto probabilmente – è una delle persone più strane di questo mondo…; solo attraverso gli eventi che hanno segnato la sua vita si può arrivare a comprendere pienamente la sua opera. E il motivo per cui oggi è considerato un’artista d’avanguardia.
Sceneggiatore, romanziere, musicista e novello stregone (!), Moore è nato a Northampton (una cittadina a poco più di 100 Km da Londra) nel 1953, da una modesta famiglia di operai; la sua infanzia è caratterizzata dalla passione per la lettura, che lo porta ad innamorarsi dei grandi classici inglesi e, naturalmente, dei fumetti. Adolescente sveglio ma inquieto, a 17 anni viene sorpreso a spacciare LSD a scuola, gesto che gli costerà l’espulsione da tutti gli istituti del Paese, precludendogli la possibilità di proseguire gli studi. Moore è costretto quindi ad andare a lavorare giovanissimo e a proseguire la sua formazione da autodidatta. In questo periodo comincia ad interessarsi di politica e decide di diventare uno scrittore di fumetti, due aspirazioni apparentemente lontane che, come vedremo, riuscirà a fondere in maniera assolutamente inedita! La sua carriera come autore di Comics comincia verso la fine degli anni ’70, dopo aver fatto le esperienze lavorative più disparate, dal tosatore di pecore (!) al magazziniere: Il primo incarico di rilievo gli viene dato dalla MARVEL UK (filiale inglese della celebre etichetta statunitense), che gli affida i testi di due settimanali.
E’ l’inizio di una lunga serie di successi che, uno dopo l’altro, lo consacreranno come il più grande (e ricercato) scrittore di comics, grazie a piccole perle come MIRACLEMAN e SWAMP THING (che segna il suo debutto alla DC), serie sulle quali inizia la sua opera di rinnovamento (e revisionismo) del fumetto supereroistico moderno. Due saghe che già presentano i tratti distintivi della poetica Mooriana (il misticismo, il senso di emarginazione, l’impegno sociale) e che fanno da vera e propria incubatrice per i temi che ritorneranno più avanti su V e Watchmen: la condizione umana e le libertà civili. Nonostante i protagonisti siano esseri straordinari, fuori dal comune, le minacce più grandi con le quali si confrontano sono mali “terreni” come la discriminazione razziale e sessuale, l’ignoranza che genera la violenza, il disfacimento ambientale, la droga…Quasi come fossero mostri atavici contro i quali i superpoteri non servono, o almeno non bastano.
Il successo ottenuto da Swamp Thing in particolare, consente a Moore di disporre di maggiore libertà nel suo lavoro e fa da trampolino per la pubblicazione nel 1988, in formato Graphic-Novel, della splendida V per Vendetta, realizzata con l’apporto del tenebroso David Lloyd ai disegni. L’eroe, in questo caso, è un terrorista anarchico travestito da Guy Fawkes, che, da solo, si oppone ad un regime totalitario di stampo orwelliano; colpendo i simboli del Potere, esso spera di risvegliare le coscienze del Popolo, ridotto al silenzio dalla repressione e dalla censura del Partito. La sua figura sovverte radicalmente i canoni del supereroe, qui rappresentato non come un protettore senza macchia e senza paura, bensì sottoforma di violento giustiziere che nulla ha da perdere, e che nella sua smania di libertà (e vendetta) finirà per demolire (letteralmente) tutti i vecchi Totem della società inglese. Al di là delle somiglianze con 1984, e col Farhenheit 451 di Bradbury (più nella forma che nella sostanza, in verità), V si segnala per essere forse il primo esempio di fumetto “militante”, un vero e proprio “manifesto” per immagini (<< I popoli non dovrebbero aver paura dei propri governi, sono i governi che dovrebbero aver paura dei popoli >>) attraverso il quale Moore racconta un po’ di sé stesso: sotto l’etichetta del “diverso” che fa paura, che indigna i benpensanti, c’è uno spirito libero che ancora crede in certi ideali…Ideali da difende con metodi “anarchici” (l’arte, in fondo, non lo è?), nell’accezione migliore del termine, cioè altamente creativi, scevri da condizionamenti e paure.
Ad ogni modo, una volta cheV esce nelle librerie, il mercato fumettistico non è più lo stesso. Molti editori di comics capiscono che l’aria sta cambiando, e che per certi versi bisogna, come dire, adeguarsi ai tempi. Da lì in poi personaggi maledetti dall’aria un po’ “dark” e bohèmien cominciano ad affollare le testate. Alla fine Moore è riuscito a compiere la sua rivoluzione e nel 1984 viene dato alle stampe il nostro Watchmen, che definirà per gli anni a venire – fino a oggi – la strada da percorrere nei comics.
Osannato dai lettori e dalla critica, Moore a questo punto avrebbe anche potuto “vivere di rendita” per un po’. Ma il suo desiderio di libertà (o meglio, di indipendenza) lo porterà a intraprendere altre, sconcertanti strade; per sapere come alfine il più grande autore inglese di fumetti è diventato un alto sciamano, non mancate al mio prossimo intervento.
Tra due giorni: Giuro!