E’ online da un paio di settimane The All For Nots, il secondo esperimento seriale di Michael Eisner, l’ex direttore dell’epoca d’oro (moderna) della Disney che estromesso dal comitato direttivo si è buttato sulla produzione ad alto profilo per la rete con la sua nuova compagnia, la Vuguru.
Dopo il successo (di pubblico) e l’insuccesso (di critica) di Prom Queen, la sua prima serie per il web tutta incentrata su un gruppo di studenti di una high school americana che con l’approssimarsi del ballo di fine anno vedono venire a galla drammi, misteri e omicidi, ora tocca ad una situation comedy sul mondo delle band emergenti.
The All For Nots è infatti anche il nome del gruppo al centro della serie girata come si trattasse di un documentario. In realtà di vero non c’è dichiaratamente nulla, ma fingere che si tratti di immagini documentaristiche aumenta il divertimento e scatena molte trovate comiche. Un umorismo molto modaiolo opera di Thom Woodley e Kathleene Grace, arrivati all’attenzione della Vuguru di Michael Eisner con il loro primo lavoro indipendente “The Burg“, che fa forza sulle figure stereotipiche delle band giovanili e su meccanismi tipicamente americani.
Come già in Prom Queen la produzione non è assolutamente a basso costo (per gli standard di internet), ogni minuto costa 1.000$ e la cadenza è regolarissima, tre nuovi episodi sono online ogni lunedì in primis sul sito della serie e poi arrivano anche sui diversi siti di condivisione video, sul profilo MySpace del gruppo (fittizio ma dotato di canzoni vere) e sui profili Bebo dei singoli personaggi.
Quella della profilazione per ogni personaggio è infatti diventato un must dopo RoomMates (altra serie, opera di MySpace e AOL, altamente trascurabile per come abbia cercato televisivamente di dare agli utenti ciò che desiderano senza voler proporre qualcosa di nuovo) ed è stato un elemento alla base della buona riuscita di Quarterlife. Ma in questo caso va anche oltre.
La collocazione su MySpace, le vere canzoni e le vere serate che ogni tanto fanno contribuiscono palesemente a spingere la serie ad un pubblico che può essere quello della nicchia di musicisti indipendenti che più di tutti possono identificarsi nei personaggi, nei problemi e nelle disavventure di una band alle prime armi.
L’ispirazione più palese per The All For Nots è This Is Spinal Tap, il fintomentario cult del 1984 di Rob Reiner sull’inesistente gurppo Spinal Tap. Il tipo di riprese, il modo in cui i personaggi sono involontariamente ridicoli e i sistemi con i quali si arriva a far intuire le psicologie dei singoli è praticamente il medesimo. E’ indubbio però che quanto meno rispetto al passato questa serie tenta un minimo di lavoro sul linguaggio di messa in scena (come fanno sempre i migliori esperimenti indipendenti) invece di spezzettare in piccoli bocconi i medesimi contenuti che vanno in televisione.
Di seguito il primo episodio.
[youtube SNQ8nYRS3II]