Da un film su commissione e senza ispirazione non ci si può che aspettare un film senza ispirazione, anche quando la commissione non viene direttamente dai produttori ma dai fan. In fondo non è che li si debba sempre ascoltare…
Dispiace dirlo, specialmente dopo il parziale buon risultato dei segmenti verdoniani di Il Mio Miglior Nemico, ma Grande Grosso e Verdone è con tutta probabilità il peggiore dei film ad episodi di Verdone (anche peggiore di Viaggi di Nozze). Nonostante infatti ogni tanto trovi qualche battuta divertente (ma è comunque una cosa sporadica), la realizzazione è tra le peggiori mai viste.
La recitazione di tutti i comprimari è veramente stentata, il montaggio e la fotografia pure (ci sono alcuni campi e controcampi fatti di un male raro), i dialoghi quando non si tratta di gag sono quanto di meno cinematografico sia possibile, nettamente fuori dagli standard di Verdone. Non c’è la minima fiducia nello spettatore, ogni cosa che avviene è sottolineata 2 o 3 volte dalle battute dei protagonisti (“Che cosa vuoi? Del resto lo sai che io come mia madre sono sarda!” dice la moglie di uno dei personaggi per rimarcare che dialetto parli oppure ogni due minuti dialogando i personaggi fanno il riassunto della trama e poi c’è quella terrificante storia d’amore giovanile…). Verdone non è mai stato un regista, si è sempre limitato ad inquadrare i suoi personaggi, ma così è troppo!
Insomma il film è talmente mal realizzato che mi fa proprio pensare (ma sono io a pensarlo non ne ho le prove) che sia colpa del nuovo produttore, che sia in sostanza il passaggio alla Filmauro (storico e fiero produttore di cinepanettoni desichiani) ad aver causato il cambio d’entourage che suppongo sia alla base del tracollo qualitativo. Perchè Verdone bene o male è Verdone, non azzecca moltissime battute ma recita al suo solito e scrive quelle trame malincomiche come sempre, anzi forse premendo l’acceleratore un po’ più del solito sul grottescamente drammatico.
Anche il divertimento latita un po’, se si esclude qualche lampo ogni tanto e qualche tormentone azzeccato nell’episodio dei coatti. Per il resto non c’è molto altro e le classiche figure verdoniane aggiornate e invecchiate (parlo del timido Leo e del logorroico) decisamente non reggono.
Discorso totalmente a parte per la presenza del gigantesco Massimo Marino, personaggio notissimo nella capitale e figura archetipa di grande ispirazione per Verdone finalmente inserito in un suo film (come lui stesso ventilava da anni). Nettamente la cosa migliore del film, compare per un totale di una decina di minuti nel ruolo di un impresario di pompe funebri e pur non sapendo recitare ritrae un personaggio completo e amarissimo.