Regia: Daniele Segre
Anno: 2008
Durata: 88 minuti
Si è tenuta due giorni fa la doppia anteprima del nuovo documentario di Daniele Segre, Morire di lavoro, dedicato a tutte le vittime che hanno sacrificato il bene più grande sui luoghi di lavoro.
Al mattino la pellicola è stata prooiettata nella Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati, alla presenza del suo presidente Fausto Bertinotti, mentre la sera c’è stato il bis per il ministro del Lavoro Cesare Damiano alla casa del Cinema di Roma.
In scena vanno gli stessi protagonisti che vivono in prima persona il dramma delle morti bianche, familiari delle vittime, colleghi, operai stessi rimasti infortunati a seguito di incidenti più o meno gravi e abbandonati al loro triste destino.
Uno sfondo nero, una serie di volti di cui impareremo a conoscere la sofferenza che li connota, presentati con una sequenza senza fronzoli, nuda e cruda, come la loro testimonianza. Stacchi continui, senza voli pindarici, nessuna dissolvenza, così da mantenere l’attenzione sempre alta, sempre viva. Almeno quella, perché le storie di cui si parla, raccontano di morti. Di innocenti, di padri di famiglia, di figli, di amici. Che al mattino escono, per andare al lavoro e la sera possono non far più ritorno.
Ad intervallare gli sfortunati protagonisti alcune immagini a camera fissa, su scenari ben identificati, con una voce rigorosamente fuori campo, a riportare uno dei tanti episodi realmente accaduti.
Poi si ritorna su quei volti che diventano pian piano familiari, di cui si scava lentamente in profondità, fino a conoscerne il dramma personale, a cui ci si affeziona, per cui ci si arrabbia, perché, in fondo, tutti quanti hanno la possibilità di lamentarsi della propria situazione lavorativa, ma Morire di lavoro ci sbatte in faccia una verità insindacabile: il problema c’è, è reale, esteso e si deve intervenire. Al più presto.