30 Giorni Di Buio – Recensione in anteprima

30 Giorni Di Buio – Recensione in anteprima

Di Gabriele Niola

30 giorni di buio
Regia: David Slade
Cast: Josh Hartnett, Melissa George, Danny Huston, Ben Foster, Mark Boone Jr., Mark Rendall, Amber Sainsbury, Manu Bennett, Megan Franich
Durata: 113 minuti
Anno:2007
I vampiri non sono più quelli di una volta. Hanno smesso il frac e l’apparenza signorile e camminano su quattro zampe, ormai è ufficiale.
30 Giorni Di Buio dovrebbe essere un film dell’orrore mentre è semplicemente un film fintamente gore con qualche soprassalto dovuto ad esplosioni di suono e invasioni improvvise nello schermo di sangue che in fondo poco hanno a che vedere con il terrore. E’ anzi molto poco onesto con lo spettatore: non ha il coraggio di mostrare le scene veramente crude (l’uccisione dell’amico fuori campo) a favore di quelle più banalmente sanguinolente, risparmia la vera sofferenza a favore di ciò che è più prevedibile e meno forte. Non ha il coraggio di mettere vera paura ma solo di far saltare lo spettatore sulla sedia con espedienti meccanici senza che ci sia autentica tensione.

Non c’è infatti vera “paura”, nel film semmai una repulsione verso l’aberrazione mostrata con i vampiri/cannibali. Manca in sostanza la messa in crisi di determinate certezze o sicurezze dello spettatore che conduce al senso di paura, l’effetto è cercato in maniera molto più banale tentando di sconvolgerlo con immagini più o meno forti (quasi tutte racchiuse nel trucco dei vampiri).

Tutta la raffinatezza della figura del vampiro (dal romanticismo alle implicazioni religiose) è assolutamente trascurata per abbracciarne una componente più “zombie” e animale, in linea con molte cose già viste negli ultimi tempi.
30 Giorni Di Buio cerca la serie B sfruttando meccanismi basilari, svolgendosi in un arco di tempo breve e determinato e volendosi imperniare molto sullo svolgimento degli eventi e solo tangenzialmente sui personaggi, ma tradisce se stesso nel finale e soprattutto non ha una costruzione della storia sufficientemente abile da giustificare tutta l’operazione. Poco credibile sotto tutti i punti di vista e (ancora peggio!) poco convincente, il film pretende l’attenzione senza meritarsela mai.

Soprattutto mette in scena il definitivo mutamento della figura del vampiro. Essi fanno parte dell’immaginario horror da tantissimo ormai, tuttavia hanno subito un’evoluzione all’interno della loro rappresentazione cinematografica che li ha portati dai raffinati inizi con i vari Dracula di Browning o Nosferatu (autentici gran signori delle tenebre vestiti per bene, affabili, pieni di buone maniere e grandi seduttori, simbolo del fascino proibito del male in ere puritane) ad una figura odierna poco più che zombesca. Per il cambiamento dei costumi oggi un uomo che viene si prende le donne con la sua carica sessuale e assoggetta a sè gli uomini è da stimare.

Con la lodevole eccezione del Dracula di Coppola, che però si è da subito configurato come un’operazione che recupera il vecchio cinema (anche e soprattutto a livello formale) al pari del Nosferatu di Herzog, il vampiro si è dimostrato negli anni sempre meno adeguato a mettere paura a causa dei cambiamenti sociali nel pubblico e così ad un certo punto è stato abbandonato. C’è voluta la grande abilità di registi come Abel Ferrara in The Addiction o Neil Jordan con Intervista Con il Vampiro verso la metà degli anni ’90 per recuperarne i tratti fondamentali e usarli per parlare d’altro, usarli come metafora della droga e della dipendenza.
Il vero vampiro non mette più paura ma è una maschera fissa utile a parlare di altri contenuti, non si è più contro di loro ma con loro perchè li si scopre deboli, non si guarda più alla loro malignità al loro lato “morto” ma a quello vivo e ai loro sentimenti.

Per mettere ancora paura con i vampiri si è allora ricorsi ad una loro mutazione che li spoglia della componente signorile e li riduce in animali, zombie impauriti dalla luce, gli esempi degli ultimi anni sono innumerevoli. Questo è indubbiamente un impoverimento della figura, almeno per come è stato fatto fino ad ora, che diventa più piatta e meno complessa, un cattivo generico e non più una figura titanica. Cosa dimostrata anche dal fatto che ora compaiono in branchi e non più da soli, fieri ed impavidi com’era prima, quando addirittura fumavano sigarette e rimorchiavano alla grande.

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