Quel treno per Yuma così romantico e nostalgico

Pubblicato il 28 novembre 2007 di Francesco

Non siamo di certo nell’era degli spaghetti western, peccato! non possiamo neanche goderci un buon Tombstone con Kurt Russell e un non ancor elefantiaco Val Kilmer. Ma Quel treno per Yuma, ennesimo remake e clone moderno di quello del 1957 diretto da Delmer Daves, non ha nulla da invidiare a determinati sapori retrò, che ben fanno sperare gli amanti del genere.

Prima doverosa considerazione: perché questa mania di ripescare nell’archivio? Che le idee di una volta fossero anni luce brillanti e valide tanto da necessitare il remake quasi obbligatorio? Che la tecnologia di oggi vuol rendere onore a quanto magari sprecato in passato per i limiti dei mezzi? Perché non si hanno più idee, le generazioni passano e il pubblico si dimentica di quel che fu?

Una ragione ci dovrà pur essere perché qui si parla di una vera e propria moda. O si deve pensare che quel che vale per la musica “sono solo sette le note quindi prima o poi le combinazioni cesseranno e si arriverà al plagio forzato”, deve ritenersi valido anche per il cinema?

Senza allontanarci troppo e restando proprio in ambito, di copiature e di western, andiamo indietro con gli anni e prendiamo uno di quelli che sono considerati maestri: Sergio Leone. Cosa dire contro di lui? Specie da chi appartiene alla generazione cresciuta a spaghetti e western, nutritasi non solo di spaghetti western… Il suo romantico Per un pugno di dollari preso di sana pianta da La sfida del samurai, idea di Kurosawa, che si dimostrerà allettante per Hollywood tanto che i suoi I sette samurai diventeranno I magnifici sette. Senza discostarsi di genere.

Cosa riescono a fare quindi Christian Bale e Russell Crowe nella pellicola di James Mangold, tanto da poterne giustificare la rivisitazione a cinquant’anni di distanza? Sicuramente rifanno vivere quelle sensazioni di nostalgia, di enorme amarezza e di profonda solitudine che caratterizzavano e contraddistinguevano ogni figura eroica del periodo del far west.

Pistoleri solitari, incapaci di avere una connotazione familiare (eccezione appunto quella di Bale), pronti sempre al richiamo dell’avventura, sospinti e sorretti da uno spirito pionieristico. Facile preda dell’immaginario comune. Del super io capace di immedesimarsi nell’agre sapore del tabacco masticato, frammisto alla polvere che finisce con il seccare il cuoio del cinturone.

Noi, dalla pistola sempre pronta, dal tamburo carico e ben oliato. Dal cappello a falda larga e abbassata, a coprir lo specchio dell’anima. Il fascino del mistero e il mito dell’uomo denim. Sì, quello che non deve chiedere. Mai!

Ma non ci aveva già pensato Clint Eastwood con il suo lento quanto intenso Gli Spietati? Devo rispondere… Sì! Lo aveva fatto. Repetita iuvant.

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