Comincia subito male la pellicola di Xavier Gens che brucia nei titoli di testa la splendida Ave Maria che tanto aveva fatto ben sperare nei trailer circolati prima dell’uscita della stessa. Il suo è un doppio passo falso perché sempre nei minuti iniziali, diciamo nei primi venti, si viene inondati da una sequela di flash back che dovrebbero farci capire chi è Hitman.
Già, chi è? Il killer, l’assassino, la perfetta macchina per uccidere creata da un’organizzazzione di cui nessuno conosce i nomi, i volti né l’ubicazione, che è super partes e alla portata di chiunque… possa permettersi di pagarne i preziosi servigi.
Ma le premesse per capire come si sia formato nella sua infanzia l’agente 47 sono scarne, quasi allo streguo dei dialoghi stessi che non ispessiscono il film e vengono presto abbandonate. Un vero peccato perché è come se dal cilindro magico fosse stato cavato questo bell’imbusto senza capelli e con tanto di codice a barre tatuato sulla nuca senza che ve ne sia una ragione precisa. O almeno non viene comunicata.
Da fedele e amante del gioco l’unicio mio applauso va a Timothy Oliphant che, coadiuvato dall’impeccabile e indimenticabile mise dell’originale della Eidos, ben incarna quelle tinte e quella quasi totale glaciale inespressività che traspariva dall’Agente 47 affidato alle nostre mani.
La storia resta un po’ appesa a degli invisibili fili che non hanno ragione di essere, se non quello del dogma “così è se vi pare” e bisogna ingoiare il rospo e tirare avanti. Si esce sfiancati, colpa anche di un finale piuttosto prevedibile e di uno smielato grottesco e vanesio, con l’atroce dubbio che ci sia spazio per un sequel o uno spin off, che molti sono i buchi nella narrazione che non hanno ragione di sussistere, sperando non siano frutto di un taglia e cuci rabberciato e mosso dalla fretta.
Se ci si può accontentare, l’altra e unica gioia è l’inutile presenza di Olga Kurylenko, seppur dal suo bel viso di modella (testimonial Kenzo, Helena Rubenstein e Just Cavalli) nel corso del film, sparisca come per magia il piercing sul mento, per far fiorire invece tutta la sua bellezza. Piccolo cammeo per Henry Ian Cusick, il Desmond di Lost.