La Fast Food Nation di Linklater

La Fast Food Nation di Linklater

Di Smeerch


Fast Food Nation

di Richard Linklater (Usa, 2006)
con Patricia Arquette, Luis Guzman, Ethan Hawke, Ashley Johnson, Greg Kinnear, Avril Lavigne, Kris Kristofferson, Catalina Sandino Moreno, Mitch Baker, Ana Claudia Talancon, Esai Morales, Gina Garza, Paul Dano, Bobby Cananvale, Wilmer Valderrama.

Da Richard Linklater non te l’aspetti un film così. Lui è quello delle pellicole girate con la rediviva tecnica del Rotoscope (vedi Waking Life e A Scanner Darkly). Ti mette su questa cosa ispirata all’omonimo libro-inchiesta bestseller di Eric Schlosser che per lunghi tratti ti sembra quasi un documentario. Quelle proteste alla Michael Moore o manifesti politici come The Corporation o Supersize Me. Invece no. Ti accorgi dopo un po’ che


sicuramente il messaggio di fondo è dello stesso tipo ma che questo è un film con tutti i crismi. Parecchio lontano da un documentario o da un docudrama o da un mockumentary (il cosiddetto falso documentario).
Fast Food Nation vuole ovviamente essere una critica alle abitudini alimentari degli americani, al loro stile di alimentazione. Sferra dunque un attacco diretto, affatto velato, alle catene di fast food, partendo dal cibo che qui viene sospettato di contenere un alto potenziate batterico dovuto alla contaminazione da escrementi animali. In altre parole: merda nell’hamburger. L’inventore del panino Big One, ossia un marketing manager della catena di fast food Mickey’s, fa un viaggio nella fabbrica di trasformazione della carne per accertarsi della reale presenza di questo problema, scoperto da alcuni laureandi in biologia.
Di pari passo il regista mostra il basso valore delle vite di alcuni messicani che, una volta varcata la frontiera si trovano – chi direttamente, chi di riflesso – ad avere a che fare con la stessa fabbrica, un gigante industriale della macellazione bovina. Siamo spettatori del trattamento disumano a cui sono sottoposti da parte degli intermediari, dell’emozione del primo contatto con somme di denaro mai percepite prima, della fatica, delle pessime condizioni sui luoghi di lavoro, dello sfruttamento, di giochi di potere ed abusi sessuali, della voglia di emergere e di redimersi da condizioni subalterne, dell’uso di droghe sintetiche che fungono da vettore per la fuga dalla realtà, dei sacrifici per la sopravvivenza e di tutta una serie di miserie simili.
Sentiremo da vicino anche il racconto di un allevatore della vecchia generazione su come sono cambiati i tempi ed i modi dell’allevamento e della trasformazione della carne nella Grande America degli anni 2000. Toccheremo con mano il cinismo di un uomo d’affari navigato che fa da intermediario tra macello e catena di ristorazione, uno che ha vissuto a stretto contatto con la corruzione, l’inganno e il ricatto per così tanto tempo da trovarcisi ormai bene dentro.
Un terzo filo narrativo riguarda la vita di una giovane studentessa che lavora come cassiera in uno dei ristoranti Mickey’s che si trova a pochi Km di distanza dal centro per la macellazione. Un animo dolce e gentile, una persona forte e brillante, capace di ascoltare gli stimoli giusti che gli arrivano dallo studio e dalla famiglia (un giovane zio) per trovare la forza di uscire dalla castrante realtà della provincia americana.
La più brava tra gli attori è sicuramente Ashley Johnson: carina e piena di brio. Non sbaglia un sorriso. La apprezzavo sin dai tempi in cui interpretava la piccola Chrissy Seaver nel telefilm Genitori in Blue Jeans.
Buona la prova di Ethan Hawke nei panni del saggio zio Pete – anche se forse è ancora troppo giovane per un ruolo del genere.
Greg Kinnear continua a stupirmi. Con Little Miss Sunshine ho inziato ad apprezzarlo. E pensare che un tempo lo ritenevo una mezza calzetta! Rivelazione (personale). Quello del manager che scopre la dura realtà un po’ per volta, pur già sapendo in cuor suo che le cose sono esattamente come si sospetta, è un ruolo che gli calza a pennello. L’età mi sembra quella giusta, così come l’aspetto fisico e le espressioni che fa. Kinnear è davvero un talento nel rappresentare i drammi interni di uno dei pochi manager a cui è rimasto un briciolo di coscienza. Dipinge perfettamente l’uomo combattuto che poi però, in fin dei conti, pur di non perdere il posto di lavoro, è costretto ad ingoiare un rospo enorme e a nascondere la verità.
Che Luis Guzman sia sudamericano lo vedi da 10 Km di distanza. Non credo che sia stato faticoso per lui prendere sulle spalle la parte del messicano che fa da corriere di anime umane a ridosso del confine.
Bruce Willis come cinico è credibile. Ora che ci penso, in tutti i ruoli che ha rivestito c’era sempre quel pizzico di sbruffonaggine. Qui l’ha tirata fuori tutta insieme. A pacchi. Bel cammeo – nemmeno poi così corto.
Ana Claudia Talancón e dolce ed incredibilmente sexy allo stesso tempo. Non so come. Sono ancora qui che me lo chiedo… e non riesco a spiegarmelo.
Catalina Sandino Moreno, invece, continua ad avere quell’aria da timorata di Dio anche con due chili di trucco sulla faccia e vestiti da battona. Come mai? Comunque sia, questa volta la cosa gioca a suo favore perché qui è proprio questo che il ruolo richiedeva: una santarellina che si sacrifica per amore del proprio uomo e della propria famiglia. Una faccia giusta al posto giusto, insomma.
Patricia Arquette recita in poche scene. Giusto un paio. Troppo poche per esprimere un qualche valido giudizio. Mi limito a dire perciò che la mamma vamp svampita non le riesce poi così male. Dovrebbe riservarsi più spesso ruoli come questo, visto anche l’età che si ritrova (39 anni). Ci pensi.
Ma quanto è macho Bobby Cannavale?!? Uno così schiocca le dita e le donne gli cadono ai piedi in adorazione. Dentro e fuori dal set. Sicuro!
Avril Lavigne. Ecco. Avril Lavigne. Che sa fare? Sa cantare? Torni al cantare magari. Qualche altro milione di teenagers potrebbe crederle ancora.
Paul Dano fa ancora una volta il teenager sfigato. Esattamente come in Little Miss Sunshine. Poverino. Spero per lui che non rimanga schiavo del personaggio.
Kris Kristofferson sembra davvero nato e cresicuto tra mandrie e cowboy. Più che credibile.
State attenti: alcune scene di macellazione presenti in questa pellicola possono portarvi a convertivi irrimediabilmente al vegetarismo. Durano pochi istanti. Un paio di minuti al massimo, ma vi giuro che sono molto intense. Di un realismo crudo che mi ha portato a coprirmi gli occhi per un instante.
Nota 1. La locandina che vedete qui sopra, a mio parere, non ha assolutamente nulla a che fare con il film. Più che sbagliata. Da quasi l’idea che si tratti di una commedia.
Nota 2. Questo film è stato in concorso al 59° Festival del Cinema di Cannes.
Nota 3. Fast Food Nation uscirà in Italia il 20 Luglio 2007. La versione che ho visto oggi era sottotitolata. Spero, ovviamente, che prima della release nelle sale si decidino a farla tradurre in Italiano, editando corettamente anche quei primi 5 minuti di film completamente fuori sync.

Mirror da smeerchblog.

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