Le colpe dei padri ricadono sui figli? I tratti somatici, visibili tracce di comune matrice genetica, sono il solco per gli stessi errori? Per le stesse condanne? E il talento di un padre è il fardello del figlio? E la sua malattia ne è la gabbia? Un film a 4 voci. L’eroina stanca, giovane, bella e già intubata dalla depressione porta a termine i giorni di custodia di un padre, genio della matematica, malato e accartocciato intorno alla propria follia. Il sospetto perverso è che insieme al genio matematico, il dna abbia replicato anche la malattia: la follia. Prova (proof) ne sarebbe quell’atteggiamento borderline, quelle nervrosi che seminano il dubbio, atroce e tuttora irrisolto dalla psicologia, dalla medicina, dall’anatomia: il gene prevale sull’ambiente? La nostra grafia somiglia a quella di nostro padre perché è scritto nei geni, o perché stando con il padre, si impara a zoppicare? L’antagonista di sangue, una sorella maggiore newyorchese e insopportabilmente umana, nel suo radicalismo chiccoso e pratico cerca di essere buona ed aiutare la nostra eroina (che è gwyneth alla prova del nove, voto nove, brava gwyneth, leggera e credibile). Ma c’è qualcosa di piu’ nocivo quando ad aiutarti e’ solo l’unica persona che non puo’? Ma tra padre già morto, fantasma incancellabile, e due sorelle alla resa dei conti si infila l’amore. Arriva l’amore e sembra, per una volta, portare chiarezza, anziché guai e confusione. Il vincolo del sangue traballa, davanti al trasporto di aria pura che un nuovo amore soffia dal profondo della sua genuinità. Troppo gravoso un padre, davanti ad un fidanzato bello e intelligente. Troppo goloso il boccone di un punto di vista finalmente esterno alla famiglia, per non addentarlo, follia nonostante. E così crolla la tenaglia della famiglia e la nostra eroina si libera di essa. E di una follia che si era ricalcata addosso, senza averla. E per scoprire di essere, in fondo, prigioniera dei propri numeri interiori. Del proprio talento. Da un grande potere deriva una grande responsabilità. La nostra eroina arriva a malapena a prenderne coscienza. Film pieno di buchi (una madre c’è? dov’è? troppe vicende taciute per comodità di traccia, ahi ahi ahi), eppure affascinante. I numeri, l’amore, le formule, il sangue, i fantasmi dentro e fuori. E la prova tangibile che non arriva. Perché l’amore sarebbe, secondo questo film, un po’ come una fede. Non saprei.