Troppa carne al fuoco, troppa ambizione, troppo macchinoso il tam tam pubblicitario (su come comunicare l’uscita di un film è ora che le distribuzioni comincino seriamente a riflettere: c’è in giro un’orda di incapaci che non sanno qual è la gente che oggi va al cinema). questo MUNICH è troppo. talmente troppo, che persino la cristallina bravura di spielberg nel narrare le storie finisce appannata. L’eroe anti-eroe protagonista, un eric bana imbalsamato e a tratti inguardabile, non riesce a coinvolgerci né nei suoi slanci intimisti, né nei suoi dubbi politic, né nei suoi drammi esistenziali. lo scritto è fiacco, i riferimenti storici imprecisi, buoni per il medio americano, non per il medio europeo (fintanto che c’è una differenza, vantiamocene). Faccio salvo l’intento riuscito di lasciare lo spettatore frastornato dalla violenza e dal cinismo dei servizi segreti israeliani, ma anche lì serpeggia quasi, strano a dirsi, un puzzo stantio di rancore antisemita: non sono certo solo i servizi segreti israeliani a compiere e ad aver compituo certi scempi. mi ero alzato per uscire dalla sala, quando ad un certo punto il terrorista islamico e lo 007 arabo si conciliano ascoltando una canzone americana. dio ci liberi dall’america e dall’antisemitismo degli ebrei americani rancorosi con la propria matrice culturale (leggetevi il giovane holden o lamento di portnoy, invece di vedere questo film). per steven spielberg, solo perché è lui, facciamo finta che munich non sia mai esistito.