Continua la missione di cineasti della cronaca dei Dardenne. Siamo nella periferia di una qualsiasi città europea e due giovani innamorati sbarcano il lunario nella semi-miseria. Nasce loro un figlio, ma il mondo non se ne accorge e il loro amore ne esce devastato. Il ragazzo sente il richiamo della foresta, la ragazza quello della maternità. Nel dipanare una cronaca di disagio sociale descritta benissimo, il film crea due personaggi sessisti, banalmente stereotipati. Pazienza. Il ritmo incredibile, il senso di freddezza e di freddo insieme, appartengono a chi sa parlare davvero bene il linguaggio del cinema e non ha bisogno che di una cinepresa a spalla e di una storia. Davvero magistrali in questo. Ed anche la riflessione sull’amore, dietro la descrizione del dramma, è deliziosa perché poetica. Perché nel ghiaccio dei fatti narrati (in che altro modo definire chi vende il proprio figlio?) c’è un tepore irrazionale che arriva dal fuoco nascosto dell’amore. Che alla fine vince dopo la devastazione e nonostante le brutture umane del mondo degli uomini che il film ci sbatte in faccia.