Sabato è il giorno di maggiore affluenza e quindi il giorno dei blockbuster, presentati in sezioni esterne al concorso specialmente per il richiamo glamour e quindi non ci si aspetta molto. Errore fatale! Appaloosa e La Duchessa sono (a modo loro) due sorprese per il loro genere e al momento forse tra le cose più consigliabili dell’evento.
APPALOOSA
Chi l’avrebbe mai detto che c’era ancora spazio per un bel western vecchio stile (lo crediamo ogni volta e poi magnificamente veniamo smentiti) e soprattutto chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato un western anche così incredibilmente moderno!
Ed Harris alla sua seconda regia dimostra una padronanza dei meccanismi del cinema e dell’evoluzione delle sue forme che impressiona. Il suo Appaloosa è un film che porta su grande schermo l’omonimo romanzo di Parker con un adattamento di rara precisione e meticolosità, uno script ad orologeria che lungo tutto il film costruisce un finale bellissimo non tanto nei fatti quanto nei sentimenti.
C’è tutto quello che gli amanti del western classico amano (con l’amicizia virile a dominare) e anche ciò che la modernità ci regala di migliore (personaggi sfaccettati e pieni di contraddizioni che vanno risolte) in uno scenario “crepuscolare” in cui le cose stanno cambiando, un’era è arrivata al termine e i personaggi sono costretti ad adattarsi.
Ma ancora fin da subito Harris dichiara una fantastica sporcatura noir. Mortensen entra in scena accompagnato dalla sua voce fuoricampo che annuncia la situazione e ne spiega la provenienza con un tono assolutamente noiristico degno del miglior Chandler e poi la storia mette un uomo retto di fronte alla passione per una donna per la quale dovrà andare in deroga ai suoi principi conscio che è un mondo in cui amare è troppo difficile per avere una seconda occasione.
LA DUCHESSA
Il festival romano sembra abbonato a questi film “parrucconi” (ricordo già Elizabeth l’anno scorso), ricostruzioni in costume di stampo fortemente intimistico che a me non hanno mai esaltato particolarmente, specialmente per come spesso lasciano che la perizia tecnica sovrasti la storia.
La Duchessa in questo senso è una piacevole sorpresa, Saul Dibb dirige molto bene gli attori, si tiene su toni sobri, non cerca di stupire e rimane concentrato sulla storia. Certo il film in italiano potevano anche titolarlo “I figli so’ piezz’e core” oppure “Se mi lasci mi prendo i bambini” e racconta la classicissima storia di una donna che in tempi di restrizioni, regole e repressione era molto più moderna del suo tempo in fatto di mentalità, cosa che pagherà cara. Ma La Duchessa vanta due vere prestazioni da grandi attori che lo sorreggono.
Che Keira Knightely reciti è una vera sorpresa che potrebbe lanciare la carriera di Saul Dibb come regista o come ammaestratore mentre che Ralph Fiennes faccia una grande prestazione è più ordinario. Quello che è poco ordinario invece è che gli venga anche affidato un bellissimo personaggio, esaltato dal fatto di stare in seconda linea (lui è il duca e come è facile capire la vera protagonista è la duchessa) e portato davvero magnificamente su schermo.
Un uomo algido, spietato, british e profondamente umano che calamita l’attenzione ogni volta che è in scena e nonostante tutte le possibili angherie suscita più empatia della più tipica consorte.